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Federvini, '20 miliardi valore aggiunto da vini,spiriti e aceti'

Dalla filiera 1,5% del Pil nazionale. Preoccupa crisi Mar Rosso

Redazione Ansa

Rilievo strategico dalle filiere Federvini per il sistema Paese sotto il profilo economico. Vini, spiriti e aceti generano infatti sul territorio nazionale un valore aggiunto, inclusivo anche delle componenti indirette e indotte, pari a 20,5 miliardi di euro, corrispondenti a circa l'1,5% del Pil nazionale. Di questi, 4,9 miliardi derivano dall'attività di produzione, 9 dall'effetto indiretto (fornitori e domanda generata da loro volta) e 6,6 all'effetto indotto generato dall'incremento di reddito percepito da tutti i soggetti coinvolti.

Questi alcuni dati emersi dallo Studio di Filiera realizzato da Nomisma per Federvini e presentato a Roma alla Camera dei Deputati. Si parla si oltre 2.300 imprese (38.000 considerando anche quelle agricole di trasformazione), 21,5 miliardi di euro di fatturato diretto, 10 miliardi di euro di export. Sotto il profilo occupazionale, a fronte di 81 mila lavoratori diretti nei tre settori, grazie ad un effetto moltiplicatore pari a 5,8 se ne attivano oltre 460 mila nell'intero sistema economico nazionale che corrispondono a quasi il 2% del numero complessivo di lavoratori in Italia.

Un universo dove ora preoccupa la recente crisi del Mar Rosso e l'indagine antidumping sui distillati europei da parte della Cina. "Aspetti che potrebbero incidere in maniera importante anche sull'export, fiore all'occhiello delle filiere Federvini", ha evidenziato il responsabile Industria Retail e Servizi di Nomisma, Emanuele Di Faustino sottolineando che l'Italia "è oggi il primo esportatore mondiale a valore di aceti, con una quota sull'export globale del 37%, nonché di vermut (34%), il secondo di vini fermi imbottigliati (22%) e liquori (14%)" con una crescita complessiva negli ultimi dieci anni del valore sui mercati esteri di oltre il 76%.

Le imprese, ha quindi sottolineato la presidente di Federvini, Micaela Pallini, "ancora oggi sono molto esposte a incertezze di natura geopolitica, normativa, commerciale, inflattiva. La difesa di questo patrimonio del made in Italy, è una responsabilità tanto degli imprenditori quanto delle istituzioni".

Infine l'aspetto sostenibilità: oltre il 90% delle imprese dei tre comparti intervistate negli ultimi tre anni ha investito anche in eco packaging, energia rinnovabile, taglio dei consumi di acqua, iniziative umanitarie. .
   

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