Piccoli e di qualità, radicati per l'81% nei territori collinari e montani, attenti alla sostenibilità e orientati all'enoturismo. E' l'identikit tracciato da Nomisma dei produttori associati alla Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (Fivi), mettendo in luce i risvolti di un modello socio-economico vincente per la filiera vitivinicola e per l'intero Paese. Un mondo composto da poco più di 10 ettari di vigneto, la superficie media coltivata dagli oltre 1.700 produttori associati, 75 tonnellate di uva auto-prodotta per un totale di 38mila bottiglie vendute ogni anno: in altre parole, una filiera integrata, dalla vigna alla cantina, alla commercializzazione dei propri vini.
"L'81% dei vigneti coltivati da questi produttori si trova in collina e in montagna rispetto al 60% della media italiana, vale a dire in quelle aree interne sempre più soggette a spopolamento e a rischio idrogeologico - sottolinea Denis Pantini, responsabile Nomisma Wine Monitor - positivi anche i risvolti sociali, con il 30% dei lavoratori a tempo indeterminato (contro il 10% della media italiana in agricoltura), il 28% di origine straniera (rispetto al 19%) e il 33% è donna, a fronte del 26%".
Un modello Fivi che spicca anche dal punto di vista economico: il prezzo medio a bottiglia del vino venduto dai produttori è più che doppio rispetto alla media italiana, 7,7 euro contro 3,6.
Bene anche sul fronte dell'export, con il 71% dei 'vignerons' italiani attivi sui mercati esteri, mentre il 23% ha intenzione di farlo nei prossimi anni. Negli ultimi due anni il 71% delle aziende ha realizzato azioni finalizzate alla sostenibilità ambientale (dall'utilizzo di packaging sostenibile al contenimento dei consumi di acqua e delle emissioni), mentre il 24% lo farà nei prossimi due. Un'impresa su 2, invece, produce vini in modo biologico e un 20% è certificato sostenibile. Oltre l'80% offre servizi per gli enoturisti, in particolare visite guidate con degustazioni, un contributo utile alla tenuta socio-economica delle aree rurali, dato che i ricavi derivanti incidono per il 23% sul fatturato complessivo dei 'vignerons' , contro una media nazionale del 18%.