(di Luciano Fioramonti)
(ANSA) - ROMA, 22 GIU - Dal Bauhaus sotto la guida di
Kandiskij e Klee a Pompeiana, piccolo borgo dell'entroterra
ligure dove trascorse gli ultimi venti anni di vita, capitolo
conclusivo di una esistenza in fuga prima prima dal nazismo e
dai suoi veti contro 'l'arte degenerata' e poi dalla Berlino est
finita sotto l' ombrello del comunismo dopo la fine della
seconda guerra mondiale. Non ci fu soltanto l'esperienza dei due
totalitarismi nel lungo percorso artistico di Otto Hofmann
(1907-1996), che nel 1951 lasciò tutto quello che aveva nella
parte orientale della capitale tedesca per guadagnare la libertà
di esprimersi e viaggiare. Il pittore tedesco, pacifista
convinto, che già nell' apprendistato al Bauhaus aveva
sperimentato la censura del regime hitleriano verso le
avanguardie artistiche e l' arte astratta, cercò senza riuscirci
di evitare il fronte, fu mandato a combattere in Russia, venne
catturato e restò in un campo di prigionia fino al 1946. Proprio
gli acquerelli che abbellivano le lettere inviate alla moglie e
agli amici nel periodo della reclusione costituiscono la
testimonianza più suggestiva e commovente della mostra che la
Fondazione Ragghianti, a Lucca, gli dedica fino al 14 luglio con
130 opere di opere in gran parte inedite. ''Otto Hofmann ha
attraversato il Novecento sviluppando un suo personale
astrattismo non dogmatico ma molto libero, a volte inserendo
anche elementi figurativi - dice all' ANSA Paolo Bolpagni,
direttore della Fondazione e curatore della mostra con Giovanni
Battista Martini -. Dal suo maestro Kandinskij aveva ereditato
il principio della necessità interiore dell' artista, di non
sottostare cioè a imposizioni o norme rigide ma alla libertà
creativa come valore supremo''. Il suo linguaggio seppe comunque
smarcarsi dagli amati docenti di cui conservò gelosamente i
quaderni e gli appunti delle lezioni, vere rarità esposte in
mostra insieme con il suo diploma firmato da Kandinskij e le
preziose lettere con i disegni. Hofmann conserverà per tutta la
vita l' apertura di interessi appresa nell' istituto fondato da
Gropius che lo portò ad essere non solo pittore ma a dedicarsi
anche al design e alle arti applicate. L' artista osserva quello
che accade nelle avanguardie, Chagall, i surrealisti, i dadaisti
ed elabora un proprio personale linguaggio. La pagina della
guerra lo vede defilarsi in un piccolo villaggio della Turingia
per evitare che la persecuzione razziale colpisse anche la
moglie Johanna Stirnemann, ebrea e prima donna a dirigere un
museo in Germania, che lo aveva conosciuto da critica d' arte in
un legame professionale divenuto sentimentale. Lui, che aveva la
tessera del partico comunista ed era stato segnalato per le idee
espresse in articoli di stampa, venne arruolato forzatamente
nella Wermacht e mandato in Russia. ''Queste lettere e questi
disegni - spiegò in una lettera dieci anni dopo parlando della
corrispondenza dalla reclusione - costituiscono una sorta di
scrittura segreta che è testimonianza della mia intima
estraneità alla guerra e che in quei quattro anni mostrò che
per me non esisteva alcun nemico che fosse necessario
annientare''.
Finito il conflitto, con il ritorno a Berlino, la sua carriera
riprese quota con mostre nella galleria Rosen, la prima a
riaprire i battenti ma quando la capitale venne divisa in due
lui si trovò nella parte ''rossa'' e con la decisione di fuggire
a Berlino ovest dovette abbandonare anche tutte le sue opere
ripartendo da zero. ''Esponente di un astrattismo votato alla
totale libertà - osserva Bolpagni - Hofmann dopo tante tragedie
personali, da quel momento rinasce a nuova vita, espone e
viaggia in continuazione divenendo un artista davvero europeo,
con lunghi soggiorni a Parigi, dove divise lo studio con
Giacometti, Costa Azzurra, Belgio, Italia, a contatto con tante
realtà culturali''. Negli anni Sessanta, oltre ad insegnare,
cominciò a lavorare nel design e scelse di risiedere, infine, a
Pompeiana, non lontano da Sanremo. Nonostante vi abbia vissuto
dal 1976 al 1996 continuando la sua ricerca artistica con opere
astratte ispirate della luce e dal paesaggio ligure, non imparò
una parola di italiano restando di fatto un artista tedesco.
Famoso in Germania con opere esposte nei musei più importanti,
non è conosciuto come meriterebbe in Italia, dove l' ultima
esposizione di suoi lavori risale a una quindicina di anni fa.
La Fondazione Ragghianti lo porta ora alla ribalta in linea con
la sua missione di centro studi che propone mostre di ricerca e
riscoperta. (ANSA).
Leggi l'articolo completo su ANSA.it