"Quando qualcuno arriva qui per la prima volta, quasi non riesce a trattenere la meraviglia".
Sorride orgoglioso mentre racconta Francesco Marone Cinzano, tra i campi ancora avvolti dal torpore dell'inverno e i filari di vite della sua bellissima Tenuta Col d'Orcia, cuore e simbolo di Montalcino e la Val d'Orcia.
Un territorio unico al mondo, appena a sud di Siena, dove la natura sembra dipinta nel Rinascimento e l'aria è sempre frizzante, dal 2004 tra i siti Unesco Patrimonio mondiale dell'umanità. Ma non solo. Qui il turismo enogastronomico italiano tocca le sue punte d'eccellenza. Anche grazie alla famiglia Marone Cinzano che a Montalcino è arrivata nel 1973, quando il padre di Francesco, Alberto, acquistò i primi terreni, con la grande intuizione di puntare sui vini di qualità e da invecchiamento.
Oggi il Brunello Col d'Orcia, famoso e premiatissimo in tutto il mondo, festeggia i suoi primi 50 anni, raccontando nei suoi aromi e profumi anche la storia della rinascita di questa terra, da "paese poverissimo, legato ancora alla mezzadria" a "capitale del vino".
"Quando nel dopoguerra fu costruita l'Autostrada del Sole - racconta all'ANSA Francesco Marone Cinzano - i senesi non vollero che passasse sul tracciato della Cassia e si puntò verso Perugia. Fu così che questa zona rimase tagliata fuori da tutto.
Un anziano di queste parti mi raccontava spesso che di 15 mila abitanti se ne andarono due terzi. Rimasero in cinquemila.
Chiuse l'ospedale, il seminario di Sant'Agostino. Se ne andò persino il vescovo. Sembrava un territorio condannato a venire dimenticato da tutti. Invece fu proprio quella scelta, che lo risparmiò anche dal boom edilizio delle seconde case degli anni 80, a decretarne la fortuna: da un lato Montalcino si è preservata dai grandi flussi turistici di massa, dall'altra ha attirato forze da fuori, che hanno creato una dicotomia virtuosa con i montalcinesi doc". In un perfetto connubio tra arte, natura e società, "Montalcino è abbastanza grande da poter rappresentare un habitat - prosegue Marone Cinzano - Oggi siamo famosi in tutto il mondo per il vino, ma in realtà solo il 15% è piantato con vigneti. L'85% è biodiversità. Siamo tra i più grandi produttori di miele, poi c'è l'olio d'oliva che qui è particolarmente intenso di aroma e sapore. I tartufi. Coltiviamo i cereali, lo zafferano, il tabacco".
La Tenuta Col d'Orcia segue lo stesso spirito, tra tutela del futuro e sane tradizioni del passato. La storica azienda vitivinicola, dove accanto a Francesco oggi c'è anche il figlio Santiago, conta 540 ettari biologici di cui 150 vitati (106 a Brunello) e produce 15 etichette, tutte certificate biologiche.
Dal 2010, infatti, l'intera tenuta inclusi vigneti, oliveti, le colture di cereali, leguminose e ortaggi, persino il parco e i giardini sono condotti esclusivamente con pratiche agronomiche di tipo biologico, che dal 2013 ne hanno fatto la più̀ grande azienda biologica certificata della Toscana.
"Mio figlio maggiore, Alberto Sean, ha cominciato da poco a produrre anche la birra con i nostri cereali. È il concetto di fattoria, dove l'uomo coltiva e produce quello di cui ha bisogno per vivere", prosegue Marone Cinzano.
Un piccolo angolo d'Italia che da solo vale il viaggio e qui si arriva davvero da tutto il mondo, fin dalla Corea e Stati Uniti, per fare una visita. Il giro della tenuta parte dalla vista del monte Amiata che si staglia all'orizzonte e dal racconto, tra storia e mistero, di come per gli etruschi fosse un luogo mistico dove aleggiavano divinità. Si passa poi alla scoperta della natura, del bosco e delle diverse colture, fino alla vecchia tabaccaia trasformata in una cantina moderna e la bottaia dove i vini riposano anche per due anni. Imperdibile, la degustazione finale.
"La cosa che a me fa più piacere è quando le persone tornano dopo anni, magari con altri amici o con i figli che nel frattempo sono nati. È la dimostrazione che stiamo lavorando bene - conclude Francesco Marone Cinzano - Qui si riesce ancora a vivere seguendo i tempi della natura, godendo di ogni singolo tramonto o soffio di vento. Ecco, la soddisfazione maggiore è quando vedo che hanno scoperto il nostro bene più prezioso: il tempo. Oggi, un vero lusso".
A Montalcino, tra 50 anni di Brunello e la magia di Col d'Orcia
Francesco Marone Cinzano: il nostro bene più prezioso è il tempo