BERLINO - La figura umana presa di spalle invita lo spettatore a immergere, insieme, lo sguardo nella natura. È la posa inconfondibile delle opere di Caspar David Friedrich, uno dei più profondi interpreti dell'anima tedesca, celebrato a Berlino con una mostra monografica per i 250 anni dalla nascita.
Dimenticato per decenni dopo la morte, strumentalizzato dal nazionalsocialismo, il romantico Friedrich (1774-1840), che visse al tempo delle guerre napoleoniche e fu patriota, è stato riscoperto proprio nella capitale tedesca, e la Galleria nazionale lo rilanciò con una mostra che fece storia nel 1906.
Oggi, nello stesso luogo, il pubblico potrà scoprire, dal 19 aprile al 4 agosto, inedite prospettive sulla sua produzione, con 60 dipinti e 50 disegni provenienti dalla Germania e dall'estero.
"Nelle tele non troviamo solo immagini della natura, ma la visione di grandi domande filosofiche dell'esistenza. Bisogna prepararsi sul piano emotivo, ma questa mostra va affrontata anche sul piano del pensiero", ha spiegato il direttore della Nationalgalerie Ralph Gleis, presentando l'esposizione "complessa", in cui "la ricerca storica e quella sulla tecnica pittorica procedono mano nella mano". E alcune domande, sollevate fin dai primi del '900, costellano un dibattito sempre aperto: è un pittore solo tedesco? C'è chi ha replicato che il valore delle opere ne faccia un "artista universale", eppure il Turner della Germania non è sempre molto conosciuto fuori dal suo Paese. "Era un pittore davvero romantico? O nell'immortalare la solitudine dell'umanità nella natura, in una società sempre più parcellizzata, c'era già la traccia di qualcosa di molto più moderno?", ha detto Markus Hilgert, segretario generale della Fondazione della Cultura dei Laender. "Diversamente da Turner, suo contemporaneo, che illustrava la natura sempre in forte movimento, c'è qui una quiete in grado di trasmettere la grandezza della creazione divina. C'è un suono silenzioso che ci commuove profondamente nelle opere di Friedrich", ha aggiunto all'ANSA il direttore Gleis. "E questo momento contemplativo, questa nostalgia della natura, di fronte a un mondo che si trasforma sempre più velocemente, è la scoperta di quell'energia positiva che arriva dal contatto con essa. La stessa che cerchiamo oggi, quando usciamo dalle città per ritrovare noi stessi. Questo Friedrich lo ha vissuto prima di noi". Montagne, gole, burroni, foreste. La costa: rupi e scogliere, celeberrime quelle bianche accecanti di Ruegen, perla del Baltico. Alberi e piante. La mostra dei "paesaggi infiniti" non è cronologica e procede per temi. Un focus interessante è dedicato ai colori: verde, ocra, "rosso inglese chiaro", "rosso inglese scuro", "terra di Siena bruciata", si può leggere in una vetrina, "ultrablu marino", "blu prussiano", ma la tinta fredericiana per eccellenza è il blu cobalto. Nelle sale manca il capolavoro più noto di Friedrich, "il Viandante sul mare di nebbia", rimasto ad Amburgo. Ma il "mare di ghiaccio", dipinto nel 1824, con le sue colossali lastre che si sciolgono, e la presenza quasi divina del massiccio "der Watzmann", del 1825, compensano l'assenza: capaci di un ammonimento perfettamente in sintonia coi tempi, oggi più che mai, 200 anni dopo. Sullo sfondo i relatori dell'introduzione hanno una delle "coppie di tele" in esposizione: le più prestigiose: "Il monaco in riva al mare" e "Abbazia nel bosco di querce". "Sono immagini iconiche per la memoria collettiva - è la conclusione di Hilgert - è quasi un sacrilegio dar loro le spalle".
A Berlino assorti nella natura con le opere di Friedrich
Mostra nei 250 anni del pittore tedesco romantico e già moderno