PIETRACAMELA - Le giornate si accorciano e i colori dell’autunno infiammano strade, boschi e le faggete in cima alle montagne. Prima che arrivi la neve e le basse temperature impigriscano anche gli escursionisti più temerari, è possibile camminare lungo i sentieri della Val Maone, nel Parco nazionale del Gran Sasso, in un Abruzzo poco conosciuto che in queste settimane profuma di funghi e di castagne, tra borghi antichi e chiese di pietra.
Si parte da Pietracamela dopo aver viaggiato per una trentina di chilometri dal capoluogo Teramo: il borgo in pietra accoglie con i suoi vicoli stretti, i saliscendi e le piccole piazze a strapiombo sulla roccia, chiusi dalle pareti del Pizzo d’Intermesoli, poderosa e alta montagna del Gran Sasso, e del macigno “Pietra in cacumine”, cioè alla sommità, che incombe sullo sfondo. Le case e gli archi in pietra creano scorci scenografici e suggestivi: non sorprende che la bellezza un po’ sonnacchiosa del borgo e la tranquillità dei suoi vicoli abbiano fatto inserire Pietracamela nell’associazione dei “Borghi più belli d’Italia”. E’ un villaggio medievale in pietra tra il Rio Porta e il Rio Arno, circondato da alte montagne; un luogo antico abitato da ex pastori dai modi un po’ spicci ma che accolgono con semplicità i pochi visitatori che si spingono fin quassù. All’ingresso del borgo si visita la duecentesca chiesa di san Leucio, con un’acquasantiera cinquecentesca, affiancata da una torre che faceva parte della cinta muraria, innalzata nel Cinquecento quando Pietracamela apparteneva al Regno di Napoli. La centrale piazza Cola di Rienzo, o piazza degli Eroi, ha una piccola fontana ottocentesca proprio sotto la grande roccia a strapiombo; da qui si entra nella parte antica, fatta di piccoli vicoli e case scavate nella roccia. Meritano una visita anche le antiche chiese di san Giovanni, del 1432, e quella di san Rocco, del 1530, con gli altari lignei e le date scritte sugli architravi dei portali.
Dalla chiesa di san Rocco un sentiero parte per la frazione di Intermesoli, che si raggiunge in un’ora di camminata lungo il corso del Rio Arno e che incrocia un vecchio mulino del Seicento. Nel borgo di Intermesoli il 21 ottobre si svolge una grande festa della castagna con degustazioni, musica e giochi di strada che richiamano visitatori e abitanti di tutta la Valle. Continuando a salire si incontra il belvedere panoramico sul borgo e sul Corno Piccolo, uno scenario d’incomparabile bellezza con il maestoso Gran Sasso e le sue cime aguzze e con i Monti della Laga e le loro foreste ricche di acque che scendono a valle. Lungo la strada si visitano anche le grotte di Segaturo, dove negli anni Sessanta il pittore Guido Montauti, nativo di Pietracamela, realizzò sulla nuda roccia il ciclo di pitture rupestri del “Pastore bianco” con un’inquietante tribù di uomini senza volto.
Il percorso prosegue lungo il sentiero storico della val Maone, che collega attraverso mulattiere e stradine tortuose i versanti teramano e aquilano del Gran Sasso e che i pastori della transumanza e i cardatori di lana conoscevano bene. Si cammina per tre ore fino a Capanne, a quasi duemila metri d’altezza, tra faggete secolari e boschi di abeti bianchi da dove spesso si scorgono camosci e cascatelle d’acqua. E’ il regno della pietra, quella utilizzata per costruire le abitazioni ma anche quella delle cavità naturali o dei ricoveri che i pastori durante gli spostamenti usavano per ripararsi, come le grotte dell’Oro, dove oggi nidificano i rondoni alpini. La strada sale lentamente nel bosco e il gorgogliare del Rio Arno, più a valle, accompagna gli escursionisti. La montagna qui è severa e il clima è rigido; lo ricordano, strada facendo, i monumenti dedicati agli alpinisti Mario Cambi e Paolo Emilio Cicchetti, travolti nel 1929 da una bufera mentre tornavano dal Corno Piccolo. Poi il sentiero sale ripido e stretto fino a sbucare alle quattro spettacolari cascate del Rio Arno, meta comoda per uno spuntino al sacco prima di continuare la salita. In alto la strada culmina a Capanne, nell’anfiteatro naturale dove a 2.252 metri sorge il rifugio Garibaldi, costruito nel 1866, uno dei più antichi dell’Appennino, che regala una vista mozzafiato su Campo Pericoli, tra rocce a strapiombo, prati, torrenti e i camosci che brucano indisturbati.
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