CAPRI - Curiosi esseri ibridi con corpi da pesce e volti umani adagiati su dei cervelli perfettamente dettagliati, ma anche enigmatiche figure in muta da subacqueo pronte a tuffarsi nell'ignoto per esplorare mondi nuovi e appagare così il loro inesausto desiderio di conoscenza: si muove tutta sul filo dell'immaginazione la mostra di Jan Fabre dal titolo "Homo aquaticus and his planet", in programma alla Certosa di San Giacomo fino al 30 settembre. Inaugurata il 7 luglio, e a cura di Melania Rossi, l'esposizione - promossa dalla Direzione regionale Musei Campania e realizzata dallo Studio Trisorio, con il patrocinio della Città di Capri - si concentra sul rapporto tra l'uomo e i misteriosi abissi marini, soffermandosi sull'acqua intesa come elemento vitale e originario. Ma nel percorso, che si compone di 16 sculture in marmo di Carrara e marmo nero del Belgio a cui l'artista di Anversa ha lavorato negli ultimi quattro anni, protagonista è anche il cervello, l'organo in cui forma e ha sede il pensiero dell'uomo: proprio sul cervello infatti Fabre, nei suoi disegni, sculture e film-performance, ha svolto la propria ricerca artistica negli ultimi 20 anni, anche confrontandosi con scienziati esperti in biologia e neuroscienze. Le opere, installate nella chiesa del complesso trecentesco, se da un lato innescano un confronto dialettico con la spiritualità degli ambienti che le ospitano dall'altro suggeriscono al visitatore una semplice, quanto poetica verità: ossia che in fondo un essere umano intento a nuotare sott'acqua non si sta separando dal mondo né cerca una fuga, ma probabilmente sta tornando al suo luogo di origine, dove è iniziata e continua a rigenerarsi la sorgente della vita. Artista visivo e autore teatrale, considerato una delle figure più innovative nel panorama dell'arte contemporanea internazionale, nonché primo artista contemporaneo a realizzare mostre personali presso il Museo Louvre di Parigi (2008) e l'Hermitage di San Pietroburgo (2017), Fabre in questa installazione nel monastero più antico di Capri riprende la visione del grande oceanografo francese Jacques Cousteau: quest'ultimo aveva immaginato un'evoluzione volontaria dell'uomo verso la vita sott'acqua, in parte per adattamento naturale e in parte con l'intervento della tecnologia. Ispirato dagli studi sullo "Human fish", Fabre cerca dunque di immaginare nelle sue figure ibride l'anello mancante nell'evoluzione dell'uomo dal mare alla vita sulla terra, concependo inedite e sorprendenti metamorfosi da uomo a pesce e viceversa. (ANSA).
Leggi l'articolo completo su ANSA.it