COLOSSEO (ROMA) - La Sala dell'Archivio di Ebla, dove nel 1975 furono rinvenute 17.000 tavolette cuneiformi, oggi in stato di abbandono, il gigantesco Toro androcefalo alato di Nimrud, finito polverizzato, il tetto del Tempio di Bel a Palmira, di cui restano solo frammenti, rivivono grazie a magistrali ricostruzioni a grandezza naturale nella mostra allestita da domani all'11 dicembre al Colosseo.
Un messaggio di speranza per i tesori di civiltà andati distrutti a causa del conflitto bellico in Siria e in Iraq, le cui drammatiche conseguenze sono documentate anche da due splendidi altorilievi (da Palmira), violentemente danneggiati dalla furia iconoclasta, che saranno restaurati in Italia. Intitolata 'Rinascere dalle distruzioni. Ebla, Nimrud, Palmira', l'importante esposizione è stata ideata e curata da Francesco Rutelli e Paolo Matthiae, alla guida nel 1964 della spedizione archeologica italiana che riportò alla luce le meraviglie di Ebla. 160mila euro all'anno per tre anni. È questo l'esborso sostenuto dalla Fondazione Terzo Pilastro per dare vita a "Rinascere dalle distruzioni.
Ebla, Nimrud, Palmira", la mostra inaugurata alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, del Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, e del Ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini. La mostra è stata interamente finanziata dalla Fondazione Terzo Pilastro, senza alcun onere per lo Stato. "Il nostro obiettivo finale - ha dichiarato Emmanuele F.M. Emanuele, Presidente della Fondazione Terzo Pilastro - è ricostruire i monumenti nel luogo in cui sono stati abbattuti. Siamo pronti, se sarà necessario, anche ad aumentare il volume del nostro sostegno all'iniziativa".
Emozionato, davanti al riallestimento di quelli che potrebbero essere i resti degli Archivi Reali della città siriana, Matthiae ricorda quel giorno di ottobre di 41 anni fa, quando cominciò a riemergere lo straordinario patrimonio di tavolette incise, scoperta che costituì una vera e propria rivoluzione per l'indagine storiografica. ''La situazione in Siria adesso è drammatica - ha detto Matthiae - ma questa mostra è il primo segnale da parte di un paese occidentale che ciò che l'Isis ha distrutto può essere ricostruito''. Un compito che potrà essere perseguito, ha proseguito l'archeologo, solo in caso che finisca la guerra e sia garantito il massimo livello di sicurezza. A patto comunque che ogni intervento di recupero del patrimonio sia compiuto nel rispetto della sovranità dei singoli paesi, in modo coordinato e con una collaborazione ''possibilmente universale''.
Del resto il dialogo è già iniziato, testimoniato dai due reperti eccezionalmente concessi in prestito dalle autorità siriane, ''feriti dalla guerra'', ha spiegato Francesco Rutelli, che l'Italia restaurerà nei prossimi mesi e restituirà nel loro splendore originario. Non a caso è proprio Rutelli a parlare di una sorta di ''corridoio per la cultura'', in quanto la mostra romana è stata ideata e realizzata con il conflitto ancora in corso, in grado quindi di documentare ''la storia, i contrasti, il valore di una civiltà''.
''Il Colosseo è il sito del nostro paese più visitato da italiani e stranieri - ha aggiunto il Soprintendente per il Colosseo e l'area archeologica centrale di Roma Francesco Prosperetti - Con questa rassegna lanciamo un messaggio globale sull'importanza del patrimonio culturale e del suo valore identitario, sulla necessità di proteggerla, curarla, restaurarla, in alcuni casi di ricostruirla''. Ecco quindi il percorso espositivo che si apre con la ricostruzione del Toro alato, con il volto dalle fattezze umane, tra le meraviglie di Namrud, prima capitale dell'impero assiro, andato distrutto nella primavera del 2015 quando il sedicente Stato Islamico ha abbattuto, con cariche di esplosivo, il settore della corte e della sala del trono del palazzo di Assurnasirpal II. Alto quasi cinque metri e imponente come l'originale (purtroppo polverizzato), quello esposto è stato realizzato in polistirolo, suddiviso in blocchi (assemblati in loco), induriti con passate di resina e infine rivestiti con finta pietra (in travertino macinato), lavorata e modellata a mano per riprodurre ogni minimo dettaglio (perfino le crepe del tempo) del capolavoro distrutto.
''C'è voluta una grande ricerca per arrivare a questi risultati di perfezione'', sottolinea la storica dell'arte Cristina Acidini, commentando il lavoro di Nicola Salvioli, specializzatosi alla scuola di Alta Formazione dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, mentre la Sala dell'Archivio di Ebla è stata messa a punto da Arte Idea e il soffitto del Tempio di Bel a Palmira da Tryeco 2.0. Carica di suggestione, infine, l'installazione immersiva curata da Studio Azzurro, che trasporta il visitatore tra Siria e Iraq, nei luoghi dove le distruzioni sono avvenute.