roma - Quattro straordinarie prove su carta realizzate nei primi dieci anni del '900 da Giacomo Balla, Gino Severini, Umberto Boccioni e Duilio Cambellotti mai presentate in un confronto diretto. Un poker d'assi che vede i quattro grandi maestri accomunati dalla condivisione di intenti e dall'uso del linguaggio divisionista subito prima dell'esplosione del Futurismo.
Di un anno prima è l'autoritratto a pastello di Severini, "con piglio severo e basco da operaio". L'opera, con dedica "ai miei genitori questo giovanile disegno", è il primo ritratto conosciuto dell'artista e lascia trasparire "la sfida tecnica ai suoi compagni di viaggio". "La falsa civilità", realizzata tra il 1905 e il 1907 da Cambellotti, è una chiara denuncia dei valori umani e naturali schiacciati dalla modernità. Il taglio dell'immagine, quasi cinematografico, mostra in primo piano il selciato e poco più in là l'operaio che lo sta ponendo in opera nell'atto di avanzare cancellando alberi e vegetazione. Cambellotti, che a differenza degli suoi tre colleghi non aderì al movimento di Marinetti, "contesta il mito positivista del progresso e respinge quella 'Città che sale' esaltata di lì a pochissimo dai Futuristi". Di Umberto Boccioni spicca "Controluce", matita e inchiostro del 1910: "In un clima intimo e soffuso di nostalgia, emerge il volto di una bellissima giovane donna, e l'incongrua fascia d'ombra che l'attraversa , quasi proiettata dalla finestra retrostante, è forse un primo inconsapevole accenno alle compenetrazioni del Futurismo ormai incalzante". Il disegno, appartenuto a Margherita Sarfatti, torna sul mercato dopo essere stato esposto per quindici anni alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia.
Da Boccioni a Balla, poker d'assi
A Roma quattro rare opere grafiche mai viste insieme