ROMA - Maestro della ricerca tonale negli anni Trenta e dell' astrattismo dopo la fine della seconda guerra mondiale. A cinquanta anni dalla morte, la Galleria Nazionale d' Arte Moderna di Roma rende omaggio a Giuseppe Capogrossi con la grande mostra che documenta il percorso di un campione dell' informale.
"Tra i pittori d'oggi tu sei uno dei pochi che si preoccupano assai più della forma che del quadro; e si rendono conto che, per salvare la prima, può essere necessario e mette comunque conto di sacrificare il secondo'' gli scrisse in una lettera Giulio Carlo Argan nel 1954 dopo aver visitato la sala interamente dedicata a lui alla Biennale di Venezia. ''Io penso che la tua posizione, anche se qualcuno possa giudicarla ostinatamente appartata e astrattamente contemplativa, sia generosa ed umana. Fa sempre piacere ritrovare nella pittura di un amico le sue più autentiche qualità morali; e di questo, non d'altro" aggiunse l' illustre storico dell' arte. La mostra - osserva Morelli - abbraccia la prima stagione pittorica dell'artista, culminata nel periodo tonale, con la fase successiva, in cui le opere funzionano come le tessere di un puzzle, ''senza seguire un ordine cronologico, ma piuttosto assonanze nella struttura compositiva, rendono visibile l'autentica fisionomia saturnina dell'artista, che fin dagli anni trenta, filtra la sua pittura con una logica e un rigore mentale, mostrando di essere sempre in ascolto di sé stesso e in costante osservazione del mondo esterno, rimanendo fuori da rotte consolidate". Tra le opere esposte, una selezione di dipinti che mancavano all'appello da tempo come Superficie 274, del 1954, e Autoritratto con Emanuele Cavalli (1927 circa). I due artisti erano legati da una forte amicizia e da una una idea dell' arte che nel 1933 li portò a firmare, con Roberto Melli, il manifesto del Primordialismo Plastico incentrato appunto sul tonalismo. Le loro strade si divisero dopo la fine della seconda guerra mondiale quando Capogrossi, come molti altri pittori, virò verso l' astrattismo. Paesaggio invernale (1935) descrive la vita dalla terrazza di una palazzina del quartiere Prati, dove Capogrossi aveva il suo studio, ma rimanda anche alla ''pura e desolata messa in scena della vita umana''. Spiccano, tra le altre, l' imponente Superficie 419 (1950 circa) e Superficie 106 (1954), appartenute agli architetti Luigi Moretti e Vincenzo ed Edoardo Monaco, che hanno avuto un ruolo determinante nella vicenda artistica e umana di Capogrossi. Una sala è dedicata ai Rilievi bianchi, ideati negli anni sessanta, che dimostrano la sua volontà incessante di sperimentazione.
Infine, il grande arazzo Astratto (1963), ideato per la Turbonave Michelangelo. (ANSA).
Giuseppe Capogrossi, maestro di logica e rigore
A 50 anni dalla morte l' omaggio alla Gnam e in 25 musei