(di Luciano Fioramonti)
(ANSA) - ROMA, 28 NOV - Fino alla fine degli anni Settanta l'
arte del passato non veniva accostata nelle mostre alla
produzione contemporanea. Il merito di aver aperto una strada,
che per altri versi oggi è fin troppo abusata, va uno spazio
espositivo romano, la Galleria dell' Oca che il 15 marzo 1978
nella sua sede presentò le opere di Mario Merz, esponente di
spicco dell' Arte Povera, faccia a faccia con i dipinti dei
grandi maestri del primo '900, Balla, Carrà, de Chirico, de
Pisis, Morandi, Savinio, Severini.
La mostra "Mario Merz. Balla, Carrà, de Chirico, de Pisis,
Morandi, Savinio, Severini" fu il risultato della collaborazione
tra i galleristi Luciano Pistoi, Gian Enzo Sperone e Luisa
Laureati Briganti. ''Non ricordavo di aver organizzato una
esposizione così bella. Io ero una provinciale, Sperone e Pistoi
mi hanno aperto un mondo'', ha detto oggi la fondatrice della
Galleria dell' Oca, che chiuse i battenti nel 2008. Affiancare
le opere di Merz - il neon e ferro di Fubinacci, del 1971, il
grande Crocodilus del 1970, o le fascine di legno e il tessuto
dipinto di Vento preistorico delle montagne gelate del 1976 - a
dipinti come ''Morbidezze di primavera'' di Balla del 1918, le
Vele al Porto di Carrà del 1923, I cavalli che si impennano di
de Chirico del 1927, o la Natura morta di Morandi del 1946 fu
una sfida che trovò il sostegno di critici di grido come Enzo
Siciliano e Achille Bonito Oliva, il quale un anno dopo avrebbe
lanciato la sua teorizzazione della Transaguardia. ''Erano anni
drammatici - ricorda Daniela Lancioni -. Il giorno dopo l'
inaugurazione della Galleria venne rapito Moro con l' uccisione
degli uomini della scorta. Ma favorire il dialogo tra matrici
diverse e offrire una visione libera era anche una risposta a
quel clima difficile''. Quella esposizione ''riuscì ad abbattere
barriere stilistiche, cronologiche e persino ideologiche,
facendo convivere un acclamato interprete di quelle
Neoavanguardie che in nome di un rapporto autentico con il mondo
avevano rinunciato alla pittura, con i più celebri tra gli
artisti che il mondo lo avevano riversato nei loro quadri
rendendo incandescente la pittura italiana della prima metà del
XX secolo''. Alle tre opere ''storiche'' di Merz ne è stata
aggiunta una che venne presentata contemporaneamente nella sede
romana della galleria di Gian Enzo Sperone. ''Nel loro insieme -
osserva Lancioni - questi lavori, rilevanti al punto da essere
conservati ora nei musei o in importanti collezioni
internazionali, rappresentano una sintesi altamente
significativa dei tratti essenziali del lavoro dell'artista e
dei materiali e dei temi che con maggiore frequenza appaiono
nella sua opera: i neon, i numeri di Fibonacci, l'igloo, la
cera, l'animale tassidermizzato, le fascine e le immagini
dipinte su tele non intelaiate''. I tre galleristi, che possono
considerarsi a tutti gli effetti dei curatori, e Mario Merz,
portarono alla luce con "naturalezza" il fil rouge della storia
dell'arte e della qualità delle opere, ''espressione matura di
un processo di contaminazione tra arte concettuale e tradizione
della pittura al quale concorsero più voci''. (ANSA).
Merz e i grandi del '900. Al PalaExpo la mostra del 1978
Quando Galleria dell' Oca accostò l' Arte Povera ai maestri