C'è il respiro ampio a cui le lunghe strade e le distese americane senza confini costringono lo sguardo. Ma, accanto a cieli infuocati ed enormi solitudini, appare anche l'umanità varia che popola i diner aperti giorno e notte, con gli arredi vintage e i colori brillanti. E ancora, gli scorci di motel, auto d'epoca, luna park abbandonati e insegne al neon, che si accavallano alle atmosfere indimenticabili di New Orleans e ai grattacieli altissimi delle grandi metropoli. Il mondo visto con gli occhi di Bob Dylan è racchiuso nelle oltre 100 opere che compongono "Retrospectrum", prima retrospettiva in Europa dedicata all'arte visiva della grande star, in programma al Maxxi dal 16 dicembre al 30 aprile. Dopo aver toccato Shanghai e Miami, la mostra, a cura di Shai Baitel, debutta a Roma (il cammino europeo dovrebbe continuare nei prossimi mesi) per raccontare - tra dipinti, acquerelli, disegni a inchiostro e grafite, sculture in metallo e materiale video - un altro volto, più nascosto ma non meno interessante, del celebre artista.
Diviso in otto sezioni, il percorso svela infatti quanto l'arte visiva, oltre alla musica, alle canzoni e ai testi poetici che lo hanno reso leggenda, abbia rappresentato (e rappresenti ancora) da 50 anni a questa parte un tassello importante della multiforme creatività di Dylan. Anche gli spazi dinamici della Galleria 5, con le sue grandi vetrate e il pavimento inclinato, dove la mostra è allestita sembrano perfetti per accogliere l'immaginario vivido dell'artista, che torna sotto forma di disegno, colore, materia plasmata. Per il visitatore il progetto espositivo può rappresentare davvero un viaggio di emozione e conoscenza, per osservare, attraverso la sensibilità e l'occhio indagatore di un artista che ha saputo parlare a tutte le generazioni, quello che Dylan stesso ha incontrato on the road, i paesaggi, le persone, le cose, le atmosfere. In questo suggestivo diario visivo, in cui lavori anche di grandi dimensioni colpiscono per l'intensità dei colori e per la maturità del gesto artistico (oltre ai paesaggi americani, c'è anche un pezzo d'Italia nella scalinata di piazza di Spagna immortalata nell'opera del 2020 "Quando dipingo il mio capolavoro"), non potevano però mancare le parole: nella sezione Mondo Scripto compaiono infatti alcuni dei testi più noti di Dylan, trascritti personalmente dall'artista e accompagnati dai suoi disegni a grafite.
Delle opere esposte in mostra, al Maxxi ne resterà una, "Subterranean Homesick Blues Series", che entrerà a far parte della collezione pubblica nazionale del museo: il lavoro, nato attorno alla canzone del 1965 Subterranean Homesick Blues, è composto da uno storico video (in cui Dylan fa cadere a ritmo di musica una serie di fogli con il testo del brano) e da 64 cartelli realizzati recentemente che riportano i testi dei fogli, allestiti a formare una parete di fianco allo schermo. "Dylan è una leggenda vivente e un uomo del Rinascimento, perché la sua è una creatività versatile", ha detto questa mattina il curatore Shai Baitel. "Abbiamo iniziato a pensare alla mostra nel 2017, per dare l'opportunità al pubblico di conoscere l'arte visiva di Dylan. L'abbiamo immaginata come un viaggio in treno, dal Minnesota, da cui è partito, fino a New York dove poi ha mosso i primi passi. Nelle sezioni della mostra ci sono i paesaggi, ma soprattutto ogni fase della carriera dell'artista: tra le opere i primi lavori fino agli ultimi realizzati durante il covid". "Per noi questa mostra è un sogno", ha affermato Bartolomeo Pietromarchi, direttore del Maxxi, ricordando il lavoro svolto insieme all'ex presidente Giovanna Melandri (assente oggi il neo presidente Alessandro Giuli per malattia), "il percorso svela la poliedricità di un genio, capace di raccontare con rigore e chiarezza la sua arte attraverso vari linguaggi".
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