"Why should architecture stand still?". Ovvero, perché tutto nel mondo si muove seguendo condizioni ambientali, politiche, culturali, ecologiche, economiche, e l'architettura dovrebbe invece restare lì, ferma? Parte da questa domanda Architettura instabile - Restless Architecture, mostra, dal 25 ottobre fino al 3 marzo, nella Galleria Kme del Maxxi, a cura e con l'allestimento di Diller Scofidio + Renfro, tra gli studi di progettazione più celebri e influenti a livello internazionale. Gli stessi che, da quando Elizabeth Diller e Ricardo Scofidio lo hanno fondato nel 1981, hanno trasformato la High Line di New York in uno dei parchi pubblici più frequentati al mondo, firmato la ristrutturazione del Lincoln Center e la riprogettazione del Moma, ma anche la prima moschea femminile di Al-Mujadilah o il magazzino aperto del Victoria and Albert Museum di Londra.
"Li abbiamo invitati - racconta la direttrice del Dipartimento architettura del museo, Lorenza Baroncelli, presentando il progetto insieme a Pippo Ciorra, Senior Curator MaxxiArchitettura e Design contemporaneo - a fare una mostra non su loro stessi, ma che ragionasse su come l'architettura cambia mentre cambia mondo che stiamo vivendo". "Il tema dell'architettura che si muove è una metafora dell'architettura di oggi. Nel nostro lavoro è emerso molte volte - racconta il direttore dello Studio, David Allin - Questa è stata l'occasione per guardare al nostro, ma anche in maniera più ampia a tutta l'architettura". Selezionati 26 progetti di Diller Scofidio + Renfro, lo sguardo si è dunque allargato indietro, dall'800 a oggi. Il percorso della mostra, diviso in quattro sezioni, parte dall'Architettura adattiva, con edifici capaci di evolversi, come il progetto dell'incompiuto Fun Palace (1964) o dell'iconico The Shed di New York (2019), che resterà in collezione al Maxxi, ma anche il Padiglione italiano all'Esposizione Internazionale Expo - 70 di Maurizio Sacripanti. E poi, in un allestimento che offre una visione dinamica, a seconda del movimento di tende che separaano gli ambienti e le persone che agiscono davanti ai progetti, ecco l'Architettura sospesa, fatta di case che fluttauno, o l'Architettura mobile, che permette di muoversi con utenti come l'Ark Nova Concery Hall (2013) progettato da Anis Kapoor con Arata Isozaki. Ma anche l'ufficio dell'ingegner Bata, che può andare su e giù per i 16 piani del suo palazzo. Fino all'Architettura ecodinamica, con edifici che non resistono alle forze della natura ma le accolgono, interagendo con il clima, luce solare, vento, in un nuovo modello di sostenibilità come l'Institut du Monde Arabe (1987) di Jean Nouvel, Gilbert Lezenes, Pierre Soria e Architecture Studio.
Ma dal 25 ottobre e fino al 23 febbraio 2025 il Maxxi racconta anche La Torre Velasca dei BBPR, con la mostra a cura del Centro Archivi Maxxi Architettura, con la consulenza scientifica di Maria Vittoria Capitanucci e Tullia Iori, dedicata all'edificio simbolo del boom economico e della Milano sulla via della ricostruzione. "Il progetto - spiega Baroncelli - è nato dopo il lungo lavoro di studio e digitalizzazione dell'archivio dato in comodato al museo nel 2021. E rientra nella nuova formula di mostre da documenti e opere del nostro archivio che si concentreranno su un singolo edificio". Fino al 2 marzo, nella Sala Gian Ferrari, esposte anche le opere dei tre finalisti del Bulgari Prize 2024, Riccrdo Benassi, Monia Ben Hamouda e Binta Diaw, a cura di Giulia Ferracci.
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