(ANSA) - PALERMO, 16 NOV - Un salto nel passato di oltre
160 anni, senza usare la macchina del tempo? E' possibile farlo
varcando la soglia della bottega del fotografo Gianni Cusumano,
35 anni, a Castelbuono sulle Madonie nel palermitano. Lui, che
contemporaneamente a questa passione fa anche il consulente
economico per alcuni enti, usa per realizzare le sue immagini il
"collodio umido", una tecnica in voga soprattutto tra il 1850 e
il 1880. Poi tramontata con l'avvento dei processi "a secco",
sostituiti, infine, con il procedimento della gelatina-bromuro
d'argento, che consentì anche ai dilettanti, con maggiore
semplicità, di dedicarsi alla fotografia. Insomma iniziò la
massificazione degli scatti. Ma Cusumano ferma il calendario. E
ora la sua tecnica è materia di workshop tenuti da Mark Osterman
e France Scully in collaborazione con il George Eastman Museum
di New York presso la sua bottega. Gianni nato a Porto
Empedocle, il comune da cui Andrea Camilleri ha preso spunto per
creare l'immaginaria Vigata, ha vissuto per anni tra Atene e
Londra e poi nel 2013 è ritornato in Sicilia. "La passione per
la fotografia ce l'ho da bambino, ma mentre i mie coetanei si
limitavano a guardare le immagini io mi chiedevo come fossero
state realizzate dal punto di vista tecnico - racconta - Cercavo
una mia indipendenza delle industrie fotografiche. E cosi il
primo banco otico lo costruii con le mie mani. Quello che uso
adesso l'ho comprato negli Usa". Le sue immagini ritraggono la
natura o si concentrano sui primi piani che fa su commissione.
"Ho sempre vissuto in grandi città, ora abito immerso nella
natura in un piccolo borgo medievale situato in uno dei parchi
più grandi della Sicilia. - dice - Amo il colore delle foglie,
il ritorno degli uccelli, il vento del nord, il tempo del grano
e quello del raccolto". Il suo approccio alla fotografia,
attraverso l'antica tecnica del collodio umido, riflette "la
lentezza del posto in cui trascorro la gran parte delle mie
giornate. Mi piace perdermi nel silenzio della natura, - spiega
- fotografandone le forme: ulivi, con tronchi nodosi e rami
flessibili, instancabili osservatori delle generazioni umane che
si susseguono". "Adoro anche fare ritratti: la tensione che si
crea tra il mio occhio e il soggetto davanti a me si trasforma
in una lastra unica e irripetibile", prosegue. "In passato le
persone vivevano con poche immagini che conservavano per tutta
la vita e le lasciavano ai loro figli come testimonianza della
loro esistenza - osserva - Il processo fotografico che pratico
ci riappropria della materialità perduta". Per ogni scatto la
posa dura dai 12 ai 14 secondi. Poi l'intero processo, dalla
pulizia del vetro all'applicazione della vernice, richiede
metodi lunghi e laboriosi che sono decisivi per ottenere buoni
risultati. Ma il tic tac delle lancette nella bottega di
Cusumano si è fermato a centinaia di anni fa. (ANSA)
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