BASSANO DEL GRAPPA - La storia del Ponte a Bassano, il Ponte Vecchio detto "degli Alpini" caro alla storia patria e ideato nel 1569 da Andrea Palladio, è un narrare a più voci che arrivano nelle ipotesi all'ultimo quarto del secolo XII e alle certezze del 1209, quando una cronaca parla di Ezzelino II e dei suoi masnadieri che "fecero cerchio attorno a lui nella piazza che si trova in capo al ponte di Bassano". E' un racconto tra modellini, documenti, dipinti - due Canaletto e un Guardi, per citarne alcuni -, foto d'epoca e immagini attuali, quello che si snoda attorno a Palladio, il Ponte e la cittadina veneta, con 3 macro-sezioni, "invenzione, storia e mito", mostra allestita ai Musei Civici, dal 29 maggio al 10 ottobre prossimo, a cura di Guido Beltramini, Barbara Guidi, Fabrizio Magani e Vincenzo Tinè. L'esposizione dà testimonianza del profondo legame che accomuna da secoli Bassano al manufatto, sottoposto a un lungo restauro strutturale costato 7 milioni di euro.
Un percorso che illustra il "mito del ponte" fin dall'epoca romana, con il ponte di Cesare sul Reno; fa perno sulla risonanza dello stesso in età rinascimentale - ne parlano Leon Battista Alberti e Vincenzo Scamozzi - illumina i progetti di Palladio, anche per il mai realizzato Ponte di Rialto a Venezia o quello sul Cismon, e presenta le vedute settecentesche. Ma è una mostra che parla soprattutto di un'opera reale, concreta da oltre 500 anni, della sua vita fatta di distruzioni e ricostruzioni sempre in legno in una visione ferma nei secoli di "dov'era com'era". Da Palladio fino al vicino presente del "Ponte degli Alpini" , seppure all'insegna dei miglioramenti dettati dalle tecniche costruttive mutate nel tempo.
A seguire la storia del Ponte di Bassano si leggono le vicende sociali, economiche, le disgrazie naturali e gli effetti devastanti delle guerre, in "una terra posta alle radici dell'Alpi, che separano la Italia dalla Magna" a dirla con le parole di Palladio. Tra il 1209 e la metà del '500 sono almeno una mezza dozzina i ponti eretti e distrutti: dopo quello ideato in chiave classica dal grande architetto veneto, sono ancora tanti i danneggiamenti e le ricostruzioni, due in particolare: nel 1750 ad opera di Bartolomeo Ferracina e nel 1821 da Angelo Casarotti, che rispetta l'impronta palladiana ma introduce delle modifiche strutturali nelle fondazioni atte a garantire una maggiore longevità dell'opera. Poi, nel 1948, l'intervento per volontà degli alpini che ne fanno il loro simbolo.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it