ROMA - Dal 20 giugno al 30 luglio la Pelanda del Mattatoio di Roma e EXP - Caffè delle Esposizioni al Palazzo delle Esposizioni accolgono Rifrazioni, la programmazione artistica di Spazio Griot, un calendario di appuntamenti multidisciplinari per riflettere sulla complessità delle varie dimensioni del sé. In programma la mostra, prima personale, dell'artista e regista Liryc Dela Cruz Il Mio Filippino: For Those Who Care To See e un public programme di performance, talk, workshop, listening session e live set.
Nata nel 2015 è una piattaforma curatoriale indipendente—estensione fisica della rivista online GRIOTmag—fondata dalla curatrice Johanne Affricot (parte del collettivo GRIOT insieme a Celine Angbeletchy, in arte Ehua, ed Eric Otieno Sumba) da sempre impegnata ad amplificare le voci marginalizzate nel panorama artistico e culturale italiano e internazionale, per coltivare un pensiero critico sul presente interpellando nuovi possibili immaginari. Che rapporto esiste tra la percezione dei corpi e le condizioni socio politiche che questi corpi incarnano? Attraverso quale lente si è soliti osservare le varie identità? Partendo dal concetto di rifrazione, che in fisica indica la distorsione della luce quando incontra sostanze che deviano la sua traiettoria, l'edizione di quest'anno indaga la rifrazione metaforica che altera la rappresentazione dei corpi all'interno della società e il modo in cui le dinamiche globali e locali influenzano la visione di ciò che è esistente. È firmata da Liryc Dela Cruz la mostra Il Mio Filippino: For Those Who Care To See, in programma dal 20 giugno al 30 luglio 2023 alla Pelanda del Mattatoio, la prima personale del regista e artista filippino residente a Roma che prosegue la sua ricerca pluriennale sulla diaspora filippina in Italia, la terza comunità asiatica più numerosa in Italia, la seconda comunità straniera più numerosa di Roma.
Partendo dalla pratica tipicamente occidentale di associare un'etnia a un lavoro, come nel caso del collaboratore domestico filippino in Italia, Dela Cruz restituisce uno spaccato di questa comunità, fortemente presente e altrettanto invisibilizzata, mettendo in luce i corpi esausti dei lavoratori e lavoratrici filippini e riflettendo su come i processi coloniali di controllo e razzializzazione abbiano alterato lo sguardo sui corpi all'interno della società. La mostra presenta un'installazione composta da quattro video, tre dei quali evocano una coreografia del lavoro, robotico e militarizzato, di diverse lavoratrici domestiche filippine che puliscono le case dei loro datori di lavoro, giustapposti a un video di grande formato di una donna che dorme, posizionato all'interno di una camera filigranata, realizzata con il kulambo, rifugio provvisorio intorno alla figura che riposa. Immerso in un sottofondo sonoro distopico, a tratti tenue e onirico, l'artista invita a riflettere sulla pressione esercitata sui filippini e le filippine ad abbandonare la propria identità a favore di una veste domestica passiva e fedele, negoziando al tempo stesso le modalità di riappropriazione sociale, metaforica e reale del sé filippino. Impegnato nelle diverse declinazioni della creazione artistica, dal cinema alla performance, Dela Cruz indaga nei suoi lavori i diversi ambiti della cultura del suo paese d'origine, dalla cura, alle pratiche indigene e decoloniali, al commercio transpacifico di persone schiavizzate fino ai princìpi di ospitalità nelle Filippine pre e post-coloniali mettendo in luce come questi aspetti influenzino tuttora la percezione sociopolitica della comunità filippina. (ANSA).
Al Mattatoio Spazio Griot con la mostra Il Mio Filippino
Dal 20 giugno a Rifrazioni la personale di Liryc Dela Cruz