Una mamma e le sue bambine in fuga dal rituale dell'infibulazione in Nigeria, grazie ad un'alleanza tutta femminile con la suocera e le cognate e in aperta sfida alla tradizione locale, sono arrivate in Italia e il Tribunale di Venezia ha riconosciuto loro lo stato di rifugiate.
Lo riferisce il Gazzettino, spiegando che le tre sono state inserite in un percorso di accoglienza a Rovigo , ritenendo "fondato il pericolo di sottoposizione alla pratica". "Mia suocera mi ha detto che non dovevo accettare perché con quella operazione - ha spiegato la donna - avrebbero perso un po' di sangue per fare dei riti".
Il decreto della sezione materia di immigrazione, presieduto da Alfredo Laganà, ha stabilito che inizialmente il nucleo familiare nigeriano si sarebbe stabilito in Lombardia.
Come spiegato presentando la domanda di protezione internazionale, la donna appartiene al gruppo etnico yoruba e professa la religione musulmana.
Alla nascita della prima figlia femmina, la madre è venuta a conoscenza dell'usanza, praticata dalla famiglia del marito, di sottoporre le figlie alla circoncisione al compimento dei tre anni. La suocera le ha consigliato di non seguire questo rito, portando l'esempio delle due figlie che hanno subito mutilazioni genitali.
A gennaio 2017, con la figlia, la madre è scappata da Lagos. Con lei anche il figlio maschio e il marito ritrovato poi a Tripoli. Dopo aver lavorato in un laboratorio sartoriale si è trasferita a Rovigo dove sono nati un'altra femmina e un maschio. Il prefetto del capoluogo polesano ne ha disposto il collocamento in una struttura di accoglienza.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it