Più violenza domestica, con caratteristiche diverse, legate al distanziamento sociale. Sempre più difficile da tracciare, per il calo di richieste di aiuto e denunce. E con una novità: la stessa malattia diventa strumento di pressioni e ricatti. All'influenza della pandemia sul tema è dedicato uno studio della scuola di specializzazione di Medicina Legale di Bologna, coordinato dalla direttrice, Susi Pelotti. "Sulla base di un'analisi di letteratura scientifica e pubblicistica internazionale, si evidenzia l'aumento di maltrattamenti e abusi ai danni di donne, minori e anziani", spiega all'ANSA.
Nello studio è descritto come il fenomeno è esacerbato dall'isolamento, che ha portato a maggiori contatti, per la frequente convivenza, tra aggressori e vittime, allontanate dal tessuto sociale che di solito le sostiene. Tra le novità, proprio la violenza per mezzo di pressioni psicologiche o fisiche per accrescere il rischio di contrazione del virus. Come nel caso di un aggressore che vieta alla vittima di lavarsi le mani con disinfettanti e saponi. O, al contrario, l'imposizione di norme igieniche severissime per evitare il contagio: una donna costretta a strofinarsi le mani incessantemente, fino a riportare lesioni cutanee.
L'articolo, redatto dalle specializzande Arianna Giorgetti e Elena Giovannini con il coordinamento di Pelotti, sarà pubblicato sulla rivista italiana di Medicina legale. "Ma abbiamo l'obiettivo di dare alla ricerca un respiro internazionale", dice la responsabile. "Come Medicina legale ci siamo sempre occupati di tutto ciò che non è naturale, come le lesioni non dovute a cause naturali e studiamo la traumatologia, anche in ottica preventiva. Il punto è riconoscere la violenza. Ecco perché in alcune fasce, come gli anziani, è difficile, perché si confonde con il decadimento fisico e cognitivo, molta resta sommersa e occorre una formazione specifica".
Proprio la violenza sotto-traccia è una delle caratteristiche della pandemia, che ha variato le caratteristiche degli abusi domestici, "con l'emergenza di elementi 'nuovi', di interesse per gli operatori sanitari e, in particolare, anche dei medici legali che in un prossimo futuro saranno chiamati ad intervenire e a fornire una valutazione sui casi di violenza", si legge nello studio. Oltre ai casi in cui il virus diventa strumento, si è notata una maggiore associazione della violenza con l'intossicazione acuta alcolica, sia nell'aggressore che nella vittima, e l'incremento dell'utilizzo di armi da fuoco, specie negli Usa.
Ma anche restrizioni all'accesso a beni di prima necessità, come fanno i rapitori con gli ostaggi o i regimi repressivi nei confronti di prigionieri politici. C'è inoltre un maggior rischio di sfruttamento e abuso sessuale e un ruolo potenziato del fattore tecnologico: sia quando la tecnologia viene negata, limitando la possibilità di chiedere aiuto, sia nell'aumento delle forme di bullismo e stalking online. Infine la ricerca si sofferma sugli strumenti, evidenziando l'importanza di consolidare le misure già presenti, ma anche di introdurre nuovi strumenti di contrasto, come nuovi canali multimediali e punti di informazione per la denuncia dei casi di abuso domestico, ad esempio in farmacie o supermercati, o la riorganizzazione dei rifugi.
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