Un volto smarrito, su cui traspaiono ansia e preoccupazione, una bottiglietta d'acqua tra le mani e polso legato a una manetta. Così compare Patrick George Zaki in una foto che viene pubblicata oggi su Facebook dagli attivisti che si battono per la sua libertà e che risale verosimilmente al mese di febbraio, quando il ricercatore egiziano dell'Università di Bologna dopo l'arresto in aeroporto comparì davanti al pm di Mansoura, sua città natale, prima del trasferimento al carcere cairota di Tora avvenuto il 6 marzo.
Anche se il ricercatore è comparso altre, poche, volte in corte nelle udienze sul suo rilascio, è la prima volta che gli attivisti pubblicano sui social una sua immagine dopo l'arresto. La foto potrebbe essere stata scattata il 15 febbraio, visto che la didascalia cita la prima volta in cui il giovane apparve nell'ufficio del pm a Mansoura.
Nel lungo post che accompagna l'immagine gli attivisti si chiedono, retoricamente, come mai Patrick sia stato arrestato e perché sia ancora detenuto da ormai più di nove mesi. Patrick ha lavorato per anni nella società civile egiziana, ricordano, prima di seguire il master in studi di genere. Ha lavorato, proseguono, a diversi progetti che avevano una sola cosa in comune: la difesa dei diritti delle minoranze. La sua missione era "dar voce a chi non ne aveva". "Una persona che difende i diritti degli altri, oggi è un terrorista?", questo si chiedono gli attivisti rilanciando alla comunità internazionale l'appello a continuare a combattere per la sua libertà.
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