Emilia Romagna

Angélica Liddell racconta il torero Juan Belmonte a Bologna

All'Arena del Sole il 29 e 30 marzo, uniche date italiane

Redazione Ansa

(ANSA) - BOLOGNA, 27 APR - La tauromachia, la lotta tra uomini e tori, del rivoluzionario torero Juan Belmonte e la musica di Richard Wagner si incontrano per dare voce a una storia del teatro secondo Angélica Liddell, all'origine del suo linguaggio scenico, agli abissi della sua personalità artistica: questa l'impronta della regista, performer e drammaturga spagnola in 'Liebestod - El olor a sangre no se me quita de los ojos - Juan Belmonte', spettacolo presentato al Festival d'Avignon e ora ospite per le due uniche date in Italia nella stagione di ERT all'Arena del Sole di Bologna il 29 e 30 marzo.
    Liebestod esplora le origini tragiche del teatro e della lotta coi tori, coinvolgendo il pubblico in un'esperienza catartica. "Io faccio teatro come Juan Belmonte affrontava il toro - spiega la regista - Cerco la stessa cosa, il momento sublime la trasfigurazione, l'entusiasmo traboccante, il lampo e la luce, quel trasporto lirico che avviene quando si ama". Come l'andaluso Juan Belmonte, con la sua pratica estrema di torero, ricercava nella tauromachia una chiave d'accesso all'infinito, così Angélica Liddell insegue la bellezza tragica nell'espressione artistica, invitando a vivere emozioni al limite tra piacere e dolore, nel tentativo di dialogare con il sacro e accedere così all'esperienza dell'assoluto. Per farlo la regista spagnola sceglie di affidarsi alla "Liebestod", letteralmente "morte d'amore", quel sentimento d'innamoramento distruttivo e totale a tal punto da consumare gli amanti fino al sonno eterno, usato da Richard Wagner nel finale del Tristano und Isolde, la tragica storia d'amore che Angélica Liddell decide di riadattare a partire dalla versione musicale e dalla letteratura. "Tutto ciò che vediamo è mortale - dichiara la Liddell - e quando ci innamoriamo preferiamo essere ciechi.
    L'amore non si realizza se non nella morte". La leggenda narra che lo stesso Belmonte, noto per essere stato il primo matador della storia ad aspettare immobile il toro invece di indietreggiare e ossessionato dalla morte in arena del rivale Joselito, soffrisse di un "eccesso del sentire", tanto che nel 1962, al culmine della disperazione, si uccise con un colpo di pistola alla testa. (ANSA).
   

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