E' morto a 95 anni Francesco Pirini, uno degli ultimi reduci di Marzabotto. Per tanti anni ha incontrato i gruppi in visita ai luoghi della strage in cui perse 14 familiari, raccontando la storia della sua vita come testimonianza, con parole semplici, ma di grande profondità. E proprio accompagnando i ragazzi ha iniziato un lungo, complesso e personale percorso verso il perdono, che alla fine confermò per tutti i responsabili tedeschi dell'eccidio di Monte Sole nel 2006, quando fu chiamato a testimoniare, al Tribunale militare di La Spezia, al processo nei confronti di 17 ufficiali e sottufficiali delle SS appartenuti al 16/o reparto esplorante della 16/a Panzergrenadierdivision Reichsfȕhrer.
Il 18 maggio del 1944 il padre di Francesco, all'epoca 17enne, restò ucciso a Vado in un bombardamento degli Alleati e in seguito la famiglia si rifugiò nel borgo di Cerpiano. Il 29 settembre 1944, di primo mattino, la madre lo mandò a raccogliere l'erba per i conigli, prima dell'arrivo della pioggia; al ritorno, vedendo case bruciare in fondo alla valle e temendo un rastrellamento tedesco, rimase nascosto nel bosco con alcuni partigiani.
Restò però nelle vicinanze per poter vedere quello che succedeva all'arrivo dei nazifascisti e dovette assistere alla strage compiuta nell'oratorio. Radunate dentro alla chiesetta tutte le persone, i soldati lanciarono bombe a mano all'interno e uccisero i sopravvissuti. Francesco capì che la madre e gli altri suoi parenti erano morti e nella notte, con lo zio Carlo, scappò nell'altro versante della valle del Setta. Dopo qualche giorno si imbatté in una pattuglia di militari statunitensi che dopo averlo interrogato e compreso che non aveva più familiari, lo affidarono a una famiglia di contadini.
Per sette mesi restò ospite della famiglia, coltivando la speranza che qualcuno dei suoi fosse sopravvissuto. E dopo la liberazione della zona, avvenuta il 16 aprile 1945, Francesco tornò nella sua casa alle Murazze e lì venne avvertito da un conoscente, Guido Veggetti, che la sorella Lidia si era salvata. Sceso con lui a Bologna incontrò la sorella e lo zio Filippo. Riparò la casa danneggiata dalla guerra, si sposò e venne assunto in Ferrovia e assegnato alla stazione di Vado.
Attraverso il Parco storico di Monte Sole Francesco scelse, pur con molta fatica, di raccontare e condividere la sua esperienza e così ha continuato a fare, finché l'età gliel'ha permesso. Inizialmente diceva di non poter perdonare ai tedeschi quanto vissuto dalla sua famiglia. Ma poi, trovandosi di fronte tanti giovani delle scuole, a un certo punto spiegò che non se la sentiva più di portare avanti la logica dell'odio. E un giorno venne intervistato da un giornalista di un canale televisivo tedesco, che gli comunicò di aver rintracciato il caporale Albert Mayer, responsabile proprio della strage di Cerpiano. Il giornalista gli chiese cosa avrebbe fatto se lo avesse incontrato e Francesco rispose che lo avrebbe perdonato. Perdono che confermò, poi, al processo di La Spezia.
"Una persona speciale, di grandissimo coraggio morale, intelligenza e umanità. Un amico che mi era particolarmente caro. Un simbolo di come le comunità di Marzabotto, Monzuno e Grizzana hanno risposto alla barbarie nazifascista divenendo testimoni di pace e di democrazia", lo ricorda il deputato Pd Andrea De Maria, ex sindaco di Marzabotto. "Perdono. Questa è la parola che ricordiamo associata alla voce di Francesco Pirini", scrive Valentina Cuppi, attuale prima cittadina. "Il perdono da parte di chi ha vissuto lo sterminio, la violenza, la disumanità, nei confronti di chi li ha perpetrati. Non sono mai riuscita a capire come fosse possibile riuscire a farlo. Francesco lo ha fatto, ha perdonato e ha raccontato del suo perdono a tante persone, a bambini, ragazzi, facendo un atto di un'umanità tale da risultare sovrumano", ha aggiunto.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it