Emilia Romagna

Il vescovo di Ferrara contro il Cpr, 'No a una città carcere'

'Perché qui? Il futuro dovrebbe essere l'accoglienza'. Il sindaco: "Li ospiti a casa sua"

Redazione Ansa

Il vescovo di Ferrara e Comacchio Gian Carlo Perego, presidente della fondazione Migrantes della Cei, prende posizione contro l'ipotesi della nascita di un Cpr, nella zona dell'ex aeroporto, su cui sono in corso valutazioni.
    "Perché un Cpr a Ferrara? Ferrara è la provincia con meno immigrati e con meno espulsioni di tutta la regione Emilia-Romagna. Ferrara ha già un carcere, anche per reati di mafia. Ferrara soffre economicamente più di tutte le province dell'Emilia-Romagna. Ferrara non ha un porto importante sull'Adriatico. E allora perché un Cpr a Ferrara?", si domanda Perego.
    "Forse una città più in sintonia con il governo delle migrazioni di Salvini e Piantedosi? Perché sviluppare l'idea di una 'città carcere', luogo di reclusione, più che di inclusione, luogo di rifiuto più che di accoglienza, luogo di negazione dei diritti più che di tutela dei diritti? Forse avremmo bisogno piuttosto di luoghi aggregativi per i giovani, di un Auditorium per ospitare eventi nazionali, di altri collegi universitari, magari d'eccellenza? Forse avremmo bisogno di più case per i migranti lavoratori e le loro famiglie e i rifugiati, di progetti Sai di integrazione, per andare incontro anche alla grande richiesta di lavoratori stagionali e permanenti sul piano agricolo, di camerieri per gli alberghi della città e dei Lidi, di operai e artigiani? Forse, di fronte alle guerre in atto, non dovremmo essere una città-asilo anche per rifugiati e richiedenti asilo? Più che una città carcere il futuro di Ferrara dovrebbe essere quello di una città aperta, inclusiva, che sappia accogliere, tutelare, promuovere e integrare chi viene da un'altra città italiana o Europea e da un altro Paese del mondo", conclude. 

Il sindaco Alan Fabbri replica sui social, in un lungo intervento dove si riferisce anche al vescovo: "Leggo, non più con stupore ormai, le parole di questa mattina dell'arcivescovo Perego, direttore della fondazione Migrantes, che parla già di 'città carcere'. Secondo me è l'esatto contrario. Sono i cittadini a sentirsi in carcere quando questi soggetti invadono strade e parchi, tessono accordi con la criminalità locale instaurando un clima di paura in città, costringendo i residenti a non poter godere più dei propri spazi in tranquillità". 

"Le guerre con machete e le rivolte sono ancora un ricordo vivo tra i ferraresi, frutto di un'accoglienza indiscriminata e del suo relativo business, che abbiamo sempre denunciato e gradualmente abbiamo smantellato. Basti pensare alla convenzione tra Asp e Prefettura sulla gestione dell'accoglienza, immediatamente stracciata al mio arrivo, che prevedeva un ingresso fino a 1.500 persone". "E' bello parlare di accoglienza, di umanità, di diritti, come il nostro Vescovo, ma solo fino a quando queste persone restano lontane dal proprio percorso quotidiano. Infatti in Curia non so quanta di questa gente ci vive o ci abbia vissuto con tutte le crisi umanitarie che abbiamo visto in questi anni. Gli consiglio di fare meno lettere ai giornali e di impiegare quel tempo a spalancare le porte, quelle di casa sua, non solo a Cristo ma anche a queste persone e poi ne potremo riparlare", prosegue Fabbri in un altro passaggio.

 

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