BRUXELLES - Un razionamento del gas costerebbe quasi un punto di Pil ai 19 paesi dell'area euro. A lanciare l'allarme su quella che è un'ipotesi estrema, ma realistica nel caso di un'escalation sull'Ucraina, è uno studio della Bce.
Aiuta a far scendere i prezzi anche l'accordo con il Giappone, che dirotterà alcuni carichi di gas naturale liquefatto (Gnl) verso l'Europa "in segno di solidarietà", come ha annunciato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, dopo una videochiamata con il premier giapponese Fumio Kishida. Anche l'Azerbaigian avrebbe aumentato le forniture verso l'Europa, incassando il ringraziamento del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. E la Germania starebbe intensificando gli sforzi per maggiori approvvigionamenti di Gnl tramite navi gasiere nell'eventualità di un protrarsi delle tensioni con la Russia. La cui stretta all'export di gas, nonostante le rassicurazioni offerte dal Cremlino, ha svuotato le scorte. L'obiettivo è garantirsi approvvigionamenti per i prossimi mesi e scongiurare - al netto del fattore climatico - un impatto sull'economia che sarebbe pesante. "L'impatto diretto e indiretto di un ipotetico shock da razionamento del 10% del gas al settore aziendale ridurrebbe il valore aggiunto lordo dell'area euro di circa lo 0,7%", calcola la Bce in uno studio sulla dipendenza dal gas delle economie europee che colloca l'Italia vicina allo 0,8% (in termini di perdita di Pil), la Francia vicina a 0,7%, la Germania poco sopra lo 0,6%. Quanto la situazione rimanga tesa, sul mercato del gas europeo, lo raccontano non solo le scorte ridotte ai minimi, ma il deficit commerciale di 4,6 miliardi di euro registrato da Eurostat a dicembre 2021 per l'Ue a 19. In tempi normali l'area euro vanta un surplus commerciale solidissimo. Ma il boom dei prezzi energetici ha fatto segnare un balzo in valore dell'import (+36,7%) a 223,3 miliardi. E sta avendo conseguenze pesanti sull'inflazione su entrambe le sponde dell'Atlantico: negli Usa i prezzi alla produzione segnano un balzo del 9,7% a gennaio, preludio di una corsa ulteriore dell'inflazione già al 7,5% che rischia di avvicinare ancora di più la stretta monetaria della Fed.
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