Bruxelles - Il presidente russo Vladimir Putin mette in crisi l'Ue sul pagamento in rubli del gas di Mosca, facendo emergere posizioni e interessi contrastanti tra gli Stati dell'Unione. E anche se la Commissione ha avvertito sulla possibile violazione delle sanzioni imposte per l'invasione dell'Ucraina, l'Ungheria si è già chiamata fuori dicendosi pronta a pagare in rubli per garantirsi gli approvvigionamenti. L'esecutivo Ue ha sollecitato le società europee a non prestarsi a quanto chiesto dal decreto di Putin di fine marzo sui pagamenti del gas, aprendo in particolare un secondo conto bancario in rubli dove far transitare il pagamento originario versato in euro (o dollari). Diverso invece il discorso per i conti correnti in euro presso Gazprom o Gazprombank, che resteranno consentiti, come del resto sono consentiti gli acquisti di gas dalla Russia. Il chiarimento dell'esecutivo Ue ha lasciato però ancora una grande confusione, soprattutto dopo che Mosca ha chiuso mercoledì i rubinetti a Polonia e Bulgaria per il mancato pagamento in rubli. Il timore è che la lettura degli uffici di Bruxelles su cosa violi o meno le sanzioni si trasformi in un embargo di fatto, senza che ci sia già una volontà politica unitaria in tal senso nell'Ue. A gettare benzina sul fuoco, e ulteriore confusione, è intervenuta appunto Budapest: "L'Ungheria non ha dubbi sul proprio obbligo di pagare il gas russo nel modo che garantisca la sua regolare fornitura" ha detto il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó, confermando che intende farlo in rubli. Mentre la Commissione ha ribadito che, in linea con i contratti esistenti, i pagamenti dovranno continuare ad avvenire nella valuta prevista nei contratti originari, nel 97% dei casi euro o dollari. "L'obbligo della società termina nel momento in cui ha fatto il pagamento in euro o in dollari", ha spiegato il portavoce Eric Mamer, aggiungendo: "Se il pagamento avviene in rubli, non stiamo parlando del contratto stipulato e ma di un aggiramento delle sanzioni". L'intralcio principale del secondo conto corrente in rubli presso Gazprombank, oltre a quello in euro, è che così le società "pagheranno in una valuta e il loro pagamento verrà convertito in rubli da qualcun altro a un tasso di cambio e con dei tempi su cui non abbiamo controllo", ha chiarito Mamer. L'importo, hanno spiegato fonti Ue, sarebbe "completamente nelle mani delle autorità russe e della Banca centrale russa", e potrebbe anche configurare un prestito.
Dall'inizio della guerra in Ucraina, ha messo in evidenza un'analisi del Center for Research on Energy and Clean Air pubblicata dal Financial Times, la Russia ha esportato combustibili fossili via mare o tramite oleodotti per 63 miliardi di euro, 44 miliardi dei quali verso l'Ue. Tra i singoli Paesi mondiali, invece, i maggiori importatori sono Germania, Italia e Cina. "Restiamo in preallerta" sul gas, "ma non c'è nessun motivo di andare oltre", ha affermato intanto il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani. Che lunedì 2 maggio sarà impegnato in un Consiglio Energia straordinario, convocato dopo lo stop del gas a Varsavia e Sofia e la confusione sui pagamenti o meno in rubli, mentre resta atteso a giorni il sesto pacchetto di sanzioni. "In uno scenario di interruzione dell'approvvigionamento di gas russo a partire dal primo aprile, la maggior parte dei Paesi europei non raggiungerebbe l'obiettivo del livello di stoccaggio dell'80 o del 90% il primo ottobre", ha intanto avvertito Entsog, la Rete europea dei gestori dei sistemi di trasporto del gas. Sulle forniture si è pronunciato anche il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, secondo il quale "il presidente Draghi è stato chiaro, ha dato una linea del Paese: noi siamo con l'Europa, siamo con le sanzioni, quindi non pagheremo in rubli".
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