STRASBURGO, 16 FEB - I tribunali italiani non hanno violato il diritto alla libertà d'espressione di Marco Travaglio quando in primo e secondo grado, nel 2008 e 2010, l'hanno condannato per aver diffamato Cesare Previti nell'articolo 'Patto scellerato tra mafia e Forza Italia' pubblicato nel 2002 sull'Espresso. L'ha stabilito la Corte europea dei diritti umani dichiarando inammissibile il ricorso presentato dal giornalista nel 2014.
Secondo i giudici di Strasburgo i tribunali italiani hanno ben bilanciato i diritti delle parti in causa, da un lato quello di Travaglio alla libertà d'espressione e dall'altro quello di Cesare Previti (che nella decisione odierna è indicato solo con l'iniziale P.), al rispetto della vita privata. I togati hanno dato ragione ai colleghi italiani che hanno condannato Travaglio per aver pubblicato solo una parte della dichiarazione del colonnello dei Carabinieri Michele Riccio "generando così nel lettore - si legge nella decisione della Corte - l'impressione che il 'signor P.' fosse presente e coinvolto negli incontri riportati nell'articolo". La Corte osserva "che, come stabilito dai tribunali nazionali, tale allusione era essenzialmente fuorviante e confutata dal resto della dichiarazione non inclusa dal ricorrente nell'articolo".
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