BRUXELLES - Nel mondo agricolo europeo la parola d'ordine è "difendere il bilancio della Pac post-2020" nonostante le risorse europee siano sempre più limitate. Mancheranno infatti almeno 10 miliardi di euro alle casse europee con l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue e altri fondi saranno necessari per le nuove politiche: dalla difesa all'immigrazione. Gli stati membri poi non sembrano pronti ad allargare i cordoni della borsa per contribuire maggiormente alla future prospettive finanziarie europee. E' uno degli impegni importanti che emergono dalle conclusioni degli Stati generali dell'alimentazione e dell'agricoltura in Europa, come è stato chiamato il Forum internazionale organizzato nel weekend a Susegana (Treviso) dal Think tank 'Farm Europe' (interlocutore delle istituzioni Ue) in collaborazione con Confagricoltura, il cui presidente Massimiliano Giansanti ha guidato i lavori. Presenti 200 esperti.
Il 2018 sarà un anno cerniera dicono i rappresentanti del mondo agricolo nell'Ue. In primo luogo bisogna prepararsi alla Brexit in quanto con un ammontare globale di circa 37 miliardi di euro di scambi l'anno, l'agroalimentare sarà il settore più colpito. I rappresentanti del 70% degli agricoltori britannici presenti hanno indicato "che se il referendum si facesse oggi il risultato sarebbe il 'no'". Tuttavia pensano che "non si possa tornare indietro". Il meglio sarebbe "un accordo di libero scambio e non un accordo doganale tra Bruxelles e Londra". Chiedono anche "un periodo di transizione". Non tutti però sono d'accordo. La manodopera infine resta una questione importante per l'agricoltura britannica: hanno bisogno di "800mila lavoratori stagionali l'anno che per la grande maggioranza ora vengono dell'Est Europa".
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