BRUXELLES - "Non è accettabile prendere i soldi da Bruxelles come compensazione" sul grano "e allo stesso tempo chiudere le frontiere con l'Ucraina, in alcuni casi anche per prodotti che potevano essere trasportati legalmente prima della guerra". Lo ha detto il ministro tedesco dell'Agricoltura, Cem Oezdemir, in merito alla richiesta di Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria e Slovacchia di prolungare il divieto di importazione di quattro prodotti cerealicoli dall'Ucraina oltre il 15 settembre.
Oezdemir ha rivolto un appello alla Commissione Ue affinché insista sul "rispetto dei trattati europei": "Non si tratta - ha detto - di uno schema di realizzazione dei desideri in cui si sceglie ciò che si vuole, si prendono i soldi da Bruxelles, ma allo stesso tempo si chiudono le frontiere. Non è possibile. Dovremmo evitare di fare qualsiasi cosa che rafforzi Putin o indebolisca l'Ucraina. Siamo felici di aiutare, ci sono soluzioni possibili. Ma non è possibile che la solidarietà con l'Ucraina sia compromessa a causa di una campagna elettorale interna".
Circa la richiesta dei Paesi frontalieri con l'Ucraina di limitare l'import di cereali e altre derrate in Ue, "non si può fare in modo unilaterale - ha detto il ministro francese dell'agricoltura Marc Fesneau - abbiamo concesso a questi Paesi fondi straordinari per far fronte alla situazione, per la sola Polonia parliamo di circa 3 miliardi di euro, quasi un anno di fondi Pac, non sono spiccioli, esprimiamo solidarietà ma le soluzioni non si trovano ognuno per sé, le domande" di questi Paesi "sono legittime ma bisogna lavorare collettivamente in una prospettiva più a medio termine".
"Oggi dobbiamo ascoltare gli Stati" che chiedono l'estensione a dicembre delle restrizioni all'import di cereali e altre derrate alimentari dall'Ucraina, "ma la premessa per decidere è la trasparenza sui dati, come quelli degli stoccaggi" ha detto il ministro spagnolo dell'agricoltura Luis Planas all'arrivo alla riunione del Consiglio Ue su agricoltura e pesca, che presiederà per la prima volta in via formale.
"Dobbiamo sostenere l'export di cereali dell'Ucraina come parte della lotta per la libertà" di Kiev, ha detto Planas, "ma alcuni Stati dicono di subirne l'impatto, per questo oggi dobbiamo ascoltarli e ascoltare la Commissione, per capire qual è la situazione effettiva, avere i dati". Per questo "la premessa deve essere la trasparenza".
A quanto si apprende, circa un terzo dei Paesi Ue non invia alcun dato sulle scorte e questo sta ostacolando una decisione sull'estensione delle restrizioni dal 15 settembre fino a fine anno, come chiesto da Polonia, Bulgaria, Ungheria, Romania e Slovacchia.
"In Polonia si registra una situazione difficile sui mercati dei cereali, dei frutti di bosco e del latte. I prezzi sul mercato dei cereali sono ancora in calo e la situazione è ulteriormente complicata dall'incertezza sul proseguimento del funzionamento del corridoio del grano nel Mar Nero" ha spiegato il ministro polacco dell'Agricoltura, Robert Telus, a Bruxelles, ribadendo ai suoi omologhi Ue la richiesta dei cinque Stati frontalieri di prolungare il divieto di importazione di quattro prodotti cerealicoli (grano, mais, colza e semi di girasole) dall'Ucraina fino alla fine dell'anno.
"Le nostre azioni per difendere gli interessi degli agricoltori nei Paesi dell'Ue non sono dirette contro nessuno, sono un appello alla Commissione europea alla riflessione e alle decisioni necessarie", ha spiegato Telus, aggiungendo che per Varsavia è "molto importante il corretto funzionamento dei corridoi di solidarietà". "Siamo un grande produttore di cereali autosufficiente e l'afflusso di volumi aggiuntivi sta destabilizzando il mercato", ha concluso.
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