BRUXELLES, 22 NOV - Nel negoziato sulla riforma del Patto di stabilità spuntano i "comuni" obiettivi Ue di "transizione verde e digitale" e la "resilienza socioeconomica": saranno "affrontati" dai "piani nazionali fiscali strutturali di medio termine". E' quanto apprende l'ANSA sulla proposta legislativa preparata dalla presidenza spagnola del Consiglio Ue, per la riforma del 'braccio preventivo' della governance economica, inviata agli Stati Ue.
La proposta sulla riforma del regolamento 1466/97, la parte appunto sul 'braccio preventivo' della revisione del Patto di stabilità, è quella più complicata da un punto di vista politico, visto che è in questo testo che si affrontano i paletti dati agli Stati per la riduzione del debito e del deficit pubblico, e gli aggiustamenti strutturali, tenendo fermi i vincoli dei trattati (che non vengono toccati nella riforma) di averli entro il 60% e il 3% del Pil, rispettivamente. La parte della proposta relativa alla riduzione del debito mantiene la formulazione che aveva nel precedente testo di lavoro della presidenza spagnola ('landing zone'). E resta soprattutto ancora vuoto il valore numerico sul calo del debito: "Finché il rapporto debito/Pil non è inferiore al 60%, il percorso della spesa netta dovrebbe garantire che il coefficiente del debito - dice anche il nuovo testo -: alla fine del periodo di aggiustamento sia inferiore a quello dell'anno precedente al suo inizio o dell'anno successivo cui viene corretto il disavanzo eccessivo; e cali di una media annua minima di [AA pp del Pil] nell'arco di 4 anni dopo il periodo di aggiustamento". Formulazione invariata nella proposta legislativa rispetto al testo precedente della 'landing zone' anche sulla "resilienza" per il disavanzo pubblico: "Una volta che uno Stato membro raggiunge una posizione che pone il debito su un percorso plausibilmente discendente o si mantiene su livelli prudenti in assenza di ulteriori misure di bilancio, dovrebbe garantire un margine di sicurezza comune al di sotto della soglia di deficit del 3% del Pil, garantendo l'anticiclicità". Vengono poi confermate come "soluzione transitoria" le ipotesi di considerare gli impegni per i Pnrr sufficienti per l'estensione dei piani nazionali (da 4 a 7 anni) nel primo round di definizione e il fatto che i "progetti collegati ai prestiti Pnrr nel 2025 e 2026 come pure il cofinanziamento nazionale ai fondi Ue" saranno presi in considerazione quando uno Stato chiede una eccezione alla regola di "no backloading", il principio che chiede agli Stati piani con aggiustamenti lineari, evitando il rischio di un rinvio a fine piano degli interventi.
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