(di Alessandra Briganti)
BRUXELLES - È un ottimismo venato di cautela quello con cui Oliver Varhelyi guarda all'avvio dei negoziati di adesione all'Ue della Bosnia-Erzegovina, dossier che planerà sul tavolo del vertice la prossima settimana. La discussione ruoterà intorno alla relazione della Commissione europea che promuove i progressi compiuti da Sarajevo in un piano di "riforme a lungo sospese".
"Abbiamo cercato di svolgere il nostro lavoro con molta attenzione, verificando tutti i passi intrapresi dalla Bosnia-Erzegovina e testando il terreno con gli Stati membri che decideranno in merito", spiega il commissario all'Allargamento in un'intervista al pool di agenzie di stampa riunite nella European Newsroom, tra cui l'ANSA. "Gli ultimi sviluppi - spiega Varhelyi - sono stati molto incoraggianti, il governo ha lavorato a tutti i livelli e ha dimostrato di prendere molto sul serio il compito di garantire lo Stato di diritto, il settore più importante per i nostri Stati membri".
Il summit dello scorso dicembre, che aveva aperto le porte a Ucraina e Moldavia, aveva richiesto dei tempi supplementari per la Bosnia-Erzegovina. I leader avevano incaricato l'esecutivo comunitario di verificare il raggiungimento del "necessario livello di conformità ai criteri di adesione" come condizione per l'avanzamento nel percorso verso l'Ue. La richiesta emersa dal summit è, secondo il commissario, "una chiara indicazione della volontà del Consiglio europeo di accelerare il processo" di integrazione europea della Bosnia-Erzegovina. Alcuni Stati membri, Austria in testa, vorrebbero in effetti ancorare il dossier di Sarajevo a quelli di Kiev e Chișinău, ma non tutti sono dello stesso avviso e anzi ritengono il Paese balcanico un passo indietro rispetto ai due Stati dell'Europa orientale. Dubbi emersi anche nel primo giro di tavolo avuto mercoledì tra gli ambasciatori dei Ventisette durante il quale Varhelyi ha presentato la relazione della Commissione.
"Sono state poste una serie di questioni che ho chiarito, ma il sentimento generale - spiega - è stato molto positivo; ci sono ancora processi politici da portare avanti nelle capitali, ma spero che, con il solido lavoro che mettiamo sul tavolo, saranno tutti convinti a cambiare idea". A testimonianza della complessità del caso bosniaco c'è anche la vicinanza di una parte dell'élite politica al Cremlino, primo tra tutti il leader serbo-bosniaco, Milorad Dodik, che ha minacciato a più riprese la secessione della Republika Srpska (entità a maggioranza serba) dalla Bosnia. Varhelyi spezza una lancia a suo favore: "Non ci piace gran parte della sua retorica e certo - ammette - solleva preoccupazioni, ma non dimentichiamo che i rappresentanti della Republika Srpska fanno parte del processo decisionale e della realizzazione di tutte le riforme grazie a cui il Paese può ora andare avanti".
Perché di una cosa è convinto il commissario: "Il percorso europeo può creare coerenza nel Paese perché è la gente a sostenerlo ed è difficile che la politica vi si opponga". Per questo motivo, avverte, "l'Europa deve mantenere l'impegno e fare il passo successivo ogni volta che è possibile".
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