STRASBURGO - Mentre procede inarrestabile lo sviluppo dell'intelligenza artificiale generativa (Ia), il Vecchio Continente si conferma un laboratorio di ispirazione per il resto del mondo nella regolamentazione della tecnologia. Il Consiglio d'Europa (CoE) ha approvato il primo trattato internazionale giuridicamente vincolante volto a garantire il rispetto dei diritti umani, dello Stato di diritto e degli standard giuridici della democrazia nell'uso dei sistemi di Ia.
Un traguardo raggiunto a pochi mesi dal varo dell'AI Act da parte dell'Ue, prima legge al mondo in materia che disciplina lo sviluppo, l'immissione sul mercato e l'uso dei sistemi di Ia. I due strumenti giuridici, molto diversi tra loro, condividono però lo stesso approccio basato sul rischio - che richiede un'attenta considerazione - delle potenziali conseguenze negative derivanti dall'uso dell'Ia. E questo, al fine di sfruttare i vantaggi della nuova tecnologia, garantendone un uso responsabile a tutela della democrazia e dei diritti umani.
La Convenzione, adottata a Strasburgo durante la riunione annuale dei ministri degli Esteri dei 46 Stati membri del CoE, è stata il risultato di due anni di lavoro di un organismo intergovernativo, il Comitato sull'Ia (Cai), che ha riunito non solo i membri del CoE, ma anche l'Ue, 11 Stati non membri (Argentina, Australia, Canada, Costa Rica, Santa Sede, Israele, Giappone, Messico, Perù, Stati Uniti e Uruguay), oltre che rappresentanti del settore privato, della società civile e del mondo accademico.
Uno sforzo che, per la Segretaria generale del CoE, Marija Pejčinović, risponde alla "necessità di uno standard giuridico internazionale sostenuto da Stati di diversi continenti che condividono gli stessi valori" per garantire che l'IA "rispetti i diritti delle persone". Eppure il via libera al trattato, aperto a tutti gli Stati nel mondo, è passato in sordina, a riprova delle polemiche che lo hanno accompagnato nella fase di stesura e approvazione. Da ultimo, era stato l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, a sollevare dubbi sulla convenzione. Facendo eco alle criticità rilevate da diverse organizzazioni per i diritti umani, Türk aveva chiesto in particolare di riconsiderare l'esenzione generalizzata dal campo di applicazione del trattato della sicurezza nazionale e la quasi totale esclusione dagli obblighi del settore privato. La stessa Assemblea parlamentare del CoE aveva approvato un parere in cui lamentava una significativa lacuna nella decisione di introdurre un approccio differenziato per i privati.
Appelli caduti nel vuoto. Nel trattato permane un'asimmetria tra attori pubblici e attori privati, per effetto della quale i primi saranno tenuti ad applicare le regole, mentre per il settore privato le Parti potranno adottare altre misure per conformarsi al trattato. Una flessibilità che il CoE spiega alla luce delle differenze tra i sistemi giuridici di tutto il mondo.
Altro punto controverso è quello dell'esenzione dalla sicurezza nazionale: gli Stati non sono tenuti ad applicare il trattato alle attività che proteggono gli interessi di sicurezza nazionale purché tali attività rispettino il diritto internazionale e i processi democratici. Spetterà inoltre agli Stati valutare la necessità di una moratoria, di un divieto o di altre misure appropriate relative agli usi dei sistemi di Ia laddove i loro rischi possano essere incompatibili con gli standard dei diritti umani. Nel complesso, un trattato a geometria variabile che rischia di trasformarsi in un'opportunità mancata.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it