(di Michele Esposito)
(ANSA) - BRUXELLES, 08 GIU - Ventisette Paesi, una sola
grande sfida: quella tra l'onda sovranista e l'asse europeista.
Dopo settimana di campagna elettorale, ultimatum, proclami e un
preoccupante tasso di violenza, per l'Europa è arrivato
finalmente il momento della verità.
A fare da apripista al weekend elettorale è stata una nuova,
clamorosa aggressione: la premier danese Mette Frederiksen, tra
i favoriti per succedere a Charles Michel alla testa del
Consiglio europeo, è stata colpita con un pugno sul braccio
destro mentre passeggiava nel centro di Copenaghen. Frederiksen
non ha riportato ferite evidenti, se non un leggero colpo di
frusta, ma si è detta scossa dall'accaduto e ha annullato gli
impegni elettorali previsti per il sabato. L'attacco, dalle
prime indagini, non sembra avere motivazioni politiche.
L'aggressore è stato fermato e resta in carcere. Si tratterebbe
di un 39enne di nazionalità polacca che vive in Danimarca dal
2019. Un primo esame medico ha riscontrato che, al momento
dell'aggressione, l'uomo era sotto effetto di droghe ma non è
stato ritenuto necessario il ricovero coatto. Per la premier
socialista, invece, sono arrivati messaggi di solidarietà da
tutta Europa. I vertici delle istituzioni comunitarie hanno
severamente condannato il gesto, anche il segretario generale
della Nato, Jens Stoltenberg, ha espresso la sua solidarietà.
"La violenza politica non passerà", ha scritto su X il
commissario agli Affari Economici Paolo Gentiloni.
In Slovacchia a votare è stata un'altra vittima eccellente
della violenza di questi giorni: Robert Fico. Il premier,
ripresosi in tempi record dalla sparatoria che lo ha quasi
ucciso, si è recato alle urne in stampelle, ravvivando un
racconto anti-europeista che, in Ue, lo rende il più stretto
alleato di Viktor Orban. Il primo ministro ungherese, tuttavia,
potrebbe uscire dalle Europee con qualche sicurezza in meno. In
migliaia, a Budapest, hanno sfilato contro il leader di Fidesz
con la regia dell'astro nascente dell'opposizione, Peter Magyar.
Ex dirigente del partito di Orban, ex marito della potente
ministra della Giustizia Judith Varga, Magyar ha riunito le
varie sigle dell'opposizione sotto il nome di Tisza e secondo i
sondaggi potrebbe toccare quota 25%. La coalizione, subito dopo
il voto, potrebbe passare al Ppe, dando manforte a un gruppo che
si avvia ad essere numericamente in netto vantaggio rispetto
agli altri.
Stando alle ultime rilevazioni pre-voto al secondo posto si
piazzerebbero i Socialisti, al terzo i Liberali, tallonati
tuttavia dai Conservatori e Riformisti e da Identità e
Democrazia, i due gruppi delle destre trainati da un lato da
Giorgia Meloni e dall'altro da Marine Le Pen. Le due leader,
negli ultimi giorni, si sono avvicinate notevolmente alimentando
l'ipotesi di un gruppo unico ma allontanando, parallelamente, la
possibilità di un dialogo tra Ppe e destre. Alla Spitzenkandidat
Ursula von der Leyen i leader Socialisti e Liberali hanno detto
chiaramente che una maggioranza con FdI e qualche altra
delegazione di Ecr non può esistere. La presidente della
Commissione uscente ha smussato l'opzione dell'allargamento a
destra, rispolverando la possibilità di un asse con i Verdi.
"Per un'ampia maggioranza per un'Europa forte si partirà dal
centro", ha spiegato von der Leyen, rassicurata anche dagli exit
poll olandesi che hanno registrato il calo del Pvv di Geert
Wilders.
La partita dei top jobs entrerà nel vivo solo lunedì, dopo
che si capirà la mappa della nuova Eurocamera da 720 seggi. Un
Parlamento che Roberta Metsola punta a guidare nuovamente.
"Votate o altri decideranno per voi", ha twittato la maltese
pubblicando la foto che la ritraeva al seggio, in uno dei 4
Paesi membri - assieme a Belgio, Austria, Germania - dove
possono votare anche i sedicenni. (ANSA).
>>>ANSA/ Europa al voto, l'onda sovranista sfida l'asse filo-Ue
Ai seggi già 5 Paesi. Bruxelles condanna l'attacco a Frederiksen