Riserve, dubbi, il moltiplicarsi di paletti sulle alleanze. E la silenziosa tentazione di un clamoroso colpo di coda. Il cammino di Ursula von der Leyen verso il bis va incontro ai giorni più difficili.
Il sorriso della presidente della Commissione designata, negli incontri organizzati all'Eurocamera con i diversi gruppi, resta intatto. Il suo staff continua a cospargere tranquillità. Ma nei partiti europeisti chiamati a decidere alla Plenaria di Strasburgo le certezze non sono così solide.
"Non votarla getterebbe l'Ue nell'instabilità e sarebbe un regalo a Orban", avvertono dal Ppe. Ma, tra gli stessi Popolari, restano divergenze. Sul ruolo dei Verdi, ad esempio, che spingono per entrare stabilmente in maggioranza, incontrando resistenze proprio nel partito che ha candidato von der Leyen. La presidente dell'esecutivo Ue ha dedicato gli incontri del mercoledì ai Liberali e, appunto, ai Greens. Entrambi hanno scandito che un'alleanza con i Conservatori e Riformisti va esclusa nella maniera più assoluta. A entrambi von der Leyen ha assicurato che non ci sarà alcuna "cooperazione strutturale" con Ecr. E' questa la formula con la quale la Spiztenkandidat prova a giocare su più tavoli: prendendo i voti di una parte dei Conservatori ma provando a mantenere compatta la piattaforma filo-Ue che include Renew e Socialisti. E, allo stesso tempo, incassando anche il sì dei 53 eletti Verdi.
La partita è ostica, e va incontro comunque ad un bivio: il discorso programmatico che von der Leyen dovrà fare a Strasburgo. Non a caso, dopo tre ore di incontro, i Verdi hanno sottolineato come ci siano "dei passi avanti" ma non ancora la conclusione dei negoziati. "Decideremo giovedì", ha sottolineato il co-presidente Bas Eickhout. L'ordine degli incontri scelto da von der Leyen è stato significativo. Prima i Popolari, poi i Socialisti. Quindi Renew e i Greens. Solo la prossima settimana - rispettivamente lunedì e martedì - la presidente designata vedrà The Left e Ecr. La riunione con la Sinistra, almeno ufficialmente, non preannuncia nessuna svolta del gruppo dominato da France Insoumise: The Left non voterà Ursula e proporrà un suo candidato come alternativa a Roberta Metsola alla guida dell'Eurocamera. Tuttavia, nei loro confronti i filo-Ue non hanno issato alcun cordone sanitario.
"Il problema maggiore è l'estrema destra", spiegano fonti Popolari. Il cordone escluderà perciò i Patrioti e il neo gruppo guidato da AfD. Con i Conservatori il discorso è diverso. Il Ppe resta convinto che con una parte di loro - Fratelli d'Italia, i belgi di N-Va, l'Ods del premier ceco Petr Fiala - si possa dialogare su diversi temi. "L'ultimatum di Renew su Ecr è inaccettabile", ha tuonato l'ex premier sloveno Janez Jansa, a capo di una delle delegazioni - assieme ai Republicains - più scettiche sul bis di von der Leyen. Eppure, Socialisti e Liberali insistono per ridurre al massimo il peso - e le eventuali contropartite - che può avere Giorgia Meloni. Nel Ppe filtra una certa irritazione sull'atteggiamento di S&D. "Serve maggiore chiarezza", ripetono in queste ore i vertici del gruppo. Con un riferimento, in particolare: il Pd di Elly Schlein. La delegazione dei Dem, finora, è stata tra le più prudenti sul posizionamento alla Plenaria. Parte degli eurodeputati Pd farebbe tranquillamente a meno di un bis di von der Leyen. Un eventuale abbraccio con Meloni la renderebbe fatalmente indigesta. Il negoziato non si gioca solo nel confronto tra la presidente uscente e i gruppi ma anche in ciò che viene detto dopo. I Verdi, ad esempio, parlano di un'alleanza a quattro, come unica strada per una "maggioranza stabile, pro-Ue e pro-Ucraina" e hanno raccontato di aver avuto "garanzie" sul Green Deal. Parole che, a Manfred Weber, di certo non piaceranno. Il filo su cui corre Ursula resta quindi sottile. Nel Ppe assicurano che non c'è alcun "piano B". In tanti, all'Eurocamera, si chiedono se davvero sia possibile un Consiglio europeo straordinario in piena estate per correre ai ripari in caso di clamorosa bocciatura.
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