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Bufera in Ue, 'lettera di Breton a X non concordata'

Von der Leyen ignara. Fidanza: 'Una censura, come fa Maduro'

Breton,'io vicepresidente Commissione Ue? Lo vuole Macron'

Redazione Ansa

Per lui, fedelissimo di Emmanuel Macron, l'importante è che se ne parli. A Bruxelles però non l'hanno presa bene. Il monito anti fake news a Elon Musk redatto di tutto pugno dal commissario Thierry Breton prima del live con Donald Trump "non era stato concordato né coordinato" con la presidente Ursula von der Leyen. E sul francese, già bersaglio di un insulto volgare elargito dal patron di X, è bufera: prima sono arrivati gli strali dalla campagna di The Donald e poi una pioggia di critiche dall'interno della stessa Commissione europea e da una parte dell'arco politico Ue. A partire dal capo delegazione di Fratelli d'Italia all'Europarlamento, Carlo Fidanza, che ha bollato la lettera spedita oltreoceano come "una censura preventiva vergognosa" dai tratti orwelliani, degna della repressione venezuelana di Maduro e non di quei "valori Ue" e di quel rispetto dello "stato di diritto" che soltanto qualche settimana fa aveva alimentato nuove tensioni sull'asse Roma-Bruxelles.

Stupito e notevolmente contrariato dalla "tempistica" e dalle "parole" usate da Breton, Palazzo Berlaymont si è visto costretto a difendersi. Von der Leyen non ne sapeva niente, ha tagliato corto una portavoce, lasciando trapelare il disappunto della tedesca già tradita da Breton in piena campagna elettorale, quando il francese la accusò proprio su X di non godere del sostegno per il bis nemmeno da parte del suo Ppe. Prese le distanze dalla missiva nella quale Breton ha brandito l'arma del Digital Services Act - la storica legge Ue contro il far west dell'online entrata in vigore lo scorso anno - per diffidare Musk dalla diffusione di contenuti illeciti durante l'inedita conversazione con Trump, Bruxelles ha quindi espresso a più riprese la totale assenza di "intenzione di interferire con le elezioni negli Stati Uniti" allontanando le accuse di ingerenze lanciate dalla campagna dell'ex presidente americano, che aveva apostrofato senza mezzi termini l'Europa come "nemica della libertà di parola" intimandole di "farsi i fatti propri". Lo spettro delle critiche si è allargato a quelle di "censura" arrivate da più parti, portando Bruxelles a chiarire che gli obblighi sulla rimozione dei contenuti illegali e la lotta alle fake news previsti dal Dsa per le major del tech riguardano "solo le informazioni e i contenuti accessibili nell'Ue". Le reazioni della destra - più volte protagonista di duri scontri con Bruxelles sul rispetto della libertà di espressione - non si sono comunque fatte attendere: i fiamminghi del Vlaams Belang hanno concesso ironicamente al francese il "solo merito" di aver svelato "la vera natura dell'Ue", fatta di un "controllo governativo sul modello cinese". E anche FdI ha attaccato l'intimidazione a Musk, plaudendo poi alla presa di distanze da parte di Palazzo Berlaymont.

Davanti a "grandi platee ci sono grandi responsabilità", aveva avvertito Breton, mettendo in guardia Musk - seguito su X da quasi 194 milioni di follower - su possibili ritorsioni legali nei confronti dell'ex Twitter, compresa una sospensione temporanea del social sul suolo europeo. Una minaccia giustificata dalle indagini Ue già aperte a carico della piattaforma per la continua diffusione di contenuti e fake news che generano violenza e incitano all'odio, non ultimo il caso dei 'riots' nel Regno Unito. Anche per questo, il messaggio di Breton viene comunque considerato una sottolineatura "importante" per il rispetto delle regole da parte delle Big Tech. "Thierry ha una sua mente, un suo modo di lavorare e di pensare", ha provato a difenderlo un funzionario a lui vicino. Ma i modi e i toni dell'iniziativa personale non autorizzata adesso rischiano di far affondare le sue chance di promozione a vicepresidente nella prossima Commissione Ue.

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