(di Michele Esposito)
(ANSA) - BRUXELLES, 20 SET - La missione a Kiev è stata una
delle poche parentesi che Ursula von der Leyen si è concessa
lontana da Bruxelles e dalla tortuosa trattativa che, dalla fine
dell'estate, è iniziata con i gruppi dell'Eurocamera sulla nuova
Commissione. Dalla settimana prossima questo lavoro ripartirà ed
entrerà in quella che è forse la sua fase più intensa, quella
delle audizioni dei commissari designati.
Manca poco più di un mese alla deadline ideale che si è data
l'ex ministra tedesca. Ma, per von der Leyen, non sarà facile
raggiungere l'obiettivo. Qualsiasi intoppo nell'iter
parlamentare mette a rischio il timing che porterebbe ad avere
le audizioni a metà ottobre e il voto della plenaria alla
Commissione nel suo complesso subito dopo. Un'eventuale
bocciatura, nelle commissioni dell'Eurocamera, farebbe
certamente slittare il completamento dell'iter al primo
dicembre. E per von der Leyen sarebbe un problema, visto che il
mandato dell'attuale Commissione scade proprio il 31 ottobre. Ci
sarebbe un mese di vuoto governativo, proprio mentre negli Usa
si tengono delle elezioni che a Bruxelles ritengono cruciali per
i rapporti tra le due sponde dell'Atlantico.
La strada non è facile, si diceva. C'è un punto politico,
innanzitutto, sul quale la strategia di von der Leyen si scontra
con quella di tutti i partiti della maggioranza che l'ha votata,
ad eccezione del Ppe: il ruolo di Raffaele Fitto e quindi
dell'Italia. La presidente della Commissione non ha alcuna
intenzione di isolare il governo di Giorgia Meloni, ha ottimi
rapporti con la presidente del Consiglio e l'assegnazione della
vicepresidenza esecutiva a Fitto rispecchia la volontà di tenere
l'Italia a bordo. La posizione del Ppe coincide perfettamente
con quella di von der Leyen. All'interno dei Conservatori le
delegazioni italiana, ceca e belga sono considerate quelle con
le quali un dialogo è percorribile. E la composizione
dell'Eurocamera permette delle maggioranze variabili. Un esempio
che non è passato per nulla inosservato in queste ore è stato il
voto dell'Eurocamera sul Venezuela a Strasburgo: la risoluzione
che riconosce González Urrutia come presidente legittimo del
Venezuela è stata approvata grazie al voto di Ppe, Ecr e
Patrioti. Nulla esclude che, nell'esame ai commissari designati,
l'asse possa ricomporsi di fronte alla trincea di Socialisti,
Liberali e Verdi.
Non a caso nel centrosinistra europeo il nervosismo è
evidente. "La Commissione che von der Leyen ha proposto è
sensibilmente diversa dal programma che aveva presentato: la
mia opinione è che, se questa rimarrà la squadra, non sia
votabile per i socialisti", ha avvertito l'eurodeputato Pd
Brando Benifei sulle pagine de Il Manifesto. In un'intervista a
La Stampa, la presidente del gruppo S&D Iratxe Garcia Perez ha
giudicato "non positiva" la scelta di dare una vicepresidenza
esecutiva a Fitto. "Dovrà dire se condivide le linee guida
negoziate dalle forze pro-Ue o se invece sostiene la linea di
Ecr. Dovrà chiarire la sua posizione e i suoi impegni", ha
sottolineato la spagnola. Eppure, al di là della parole c'è una
trattativa silente che, nei prossimi giorni, andrà avanti. I
Socialisti potrebbero ottenere l'inserimento nominale del
dossier 'Lavoro' tra le deleghe assegnate alla vicepresidenza
Roxana Minzatu. Ma all'interno della loro famiglia le
sensibilità sono diverse, con i francesi e i tedeschi tra i più
scontenti e il Pd in bilico tra la difesa di un commissario
italiano e l'irritazione per l'allargamento della Commissione a
destra. (ANSA).
>>>ANSA/ Ursula corre sulla Commissione e vuole Meloni a bordo
Ma nei socialisti montano i malumori sul dialogo tra Ppe e Ecr