BRUXELLES - Dalle parole bisogna passare ai fatti ed è qui che iniziano i guai. Il premier britannico Keir Starmer mercoledì sarà a Bruxelles per incontrare faccia a faccia la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e dar seguito all'intenzione di avere un più stretto rapporto con l'Ue. Peccato che, dopo una fase iniziale di entusiasmo per il ritorno a Downing Street dei laburisti, a Bruxelles l'onda lunga della Brexit si è fatta di nuovo sentire. Starmer, infatti, non ha nessuna intenzione di accettare l'accordo offerto dalla Commissione per un programma di mobilità dedicato ai giovani tra i 18 e i 30 anni, perlomeno nella forma immaginata dall'esecutivo blustellato. Prima di entrare nei dettagli un ragionamento di massima.
Fonti diplomatiche britanniche, all'indomani del trionfo laburista, confermavano l'intenzione di un "rilancio" delle relazioni Uk-Ue ma, al contempo, ponevano l'accento sui rischi di un processo "eccessivamente burocratico". Come dire, gettiamo il cuore oltre l'ostacolo al di là delle ben note questioni legali-procedurali. Bene. La guerra in Ucraina ha creato spazio per nuove sinergie e Londra si è detta disposta a lavorare per approfondire i legami nel settore della sicurezza e della difesa (la Nato d'altra parte già offre una cornice consolidata). L'Unione Europea, in linea di principio, non è contraria. I laburisti poi hanno dichiarato di voler apportare aggiunte e miglioramenti all'attuale patto di commercio e cooperazione, compreso un "accordo veterinario" per ridurre le barriere commerciali sui prodotti agroalimentari, un accesso più facile per i professionisti dei servizi e un accordo per ridurre le pratiche burocratiche per i musicisti in tournée e altri artisti.
In generale, però, i laburisti hanno escluso la possibilità di rientrare nel mercato unico o di cercare un'unione doganale con l'Europa: entrambe le opzioni - benché le migliori per rivitalizzare l'economia britannica e dunque finanziare gli ambiziosi piani promessi in campagna elettorale - significherebbero passi indietro rispetto alla Brexit, soprattutto sul libero movimento. Insomma, senza annunci politicamente rilevanti (e in qualche modo simbolici) il "reset" promesso da Starmer sembrerebbe davvero poca cosa. "Il Regno Unito ci deve dire cosa vuole davvero", nota una fonte europea. Ecco, il bilaterale con von der Leyen dovrebbe aiutare a fare chiarezza. Se l'accordo sui giovani - quadriennale, senza visti né quote, con l'accesso alle università britanniche alle stesse rette nazionali - è giudicato troppo ampio, forse si può arrivare ad un compromesso più digeribile (si parla già di una sorta di anno sabbatico). Sul tavolo c'è poi la questione dei visti (o meglio, Eta: Electronic Travel Authorisation). Gli europei dovranno avere l'Eta per viaggiare nel Regno Unito a partire dal 2 aprile 2025, con l'apertura delle domande a marzo.
È vero che si applicherà anche ai viaggiatori provenienti dall'Australia, dagli Usa e dal Canada ma non suona molto "reset" agli occhi dell'Ue. Come si vede le questioni sono molte, troppe per un solo incontro. La speranza di Starmer è che si possa iniziare a pianificare un vertice Uk-Ue, con i leader dei 27, così come l'Unione Europea fa regolarmente con altri partner mondiali (a metà ottobre ad esempio sarà la volta dei Paesi del Golfo). Il punto è che ora tocca a Londra fare concessioni, per ottenere passi avanti. E non il contrario.