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L'Italia è prima nell'Ue per cause contro attivisti che difendono i diritti dei migranti

Lo sostiene un rapporto a cui hanno lavorato Amnesty International e altre ong

L'Italia è prima nell'Ue per cause contro attivisti che difendono i diritti dei migranti

Redazione Ansa

BRUXELLES - "Secondo la Piattaforma per la cooperazione con i migranti irregolari (Picum), nel 2023 almeno 117 persone hanno affrontato procedimenti penali o amministrativi per aver agito in solidarietà con i migranti nell'Ue, con il maggior numero di casi documentati in Italia e Grecia (rispettivamente 74 e 31)". È quanto si legge nel rapporto di una coalizione informale di organizzazioni, tra cui Amnesty International e Civil Liberties Union for Europe, sulla tutela dei difensori dei diritti umani e delle organizzazioni della società civile in Europa. Nel report si sottolinea "la tendenza in aumento alla criminalizzazione dei difensori dei diritti umani in particolare gli attivisti per i diritti dei migranti e per il clima". Tra gli esempi annoverati, anche l'avvio di un'indagine sulla sede ungherese di Transparency International a opera dell'Ufficio per la tutela della sovranità, valso a Budapest il deferimento alla Corte di giustizia dell'Ue da parte della Commissione europea.

Nonostante l'esistenza di quadri di sostegno dell'Ue per giornalisti e difensori al di fuori dell'Europa, non esiste un sistema a livello europeo per proteggere i difensori dei diritti umani all'interno dell'Unione stessa, si sostiene nella relazione, che lancia l'allarme sulle persecuzioni legali, le aggressioni fisiche e le minacce online. Difensori dei diritti umani, organizzazioni della società civile e attivisti sono "sempre più nel mirino" mentre "continuano a battersi per la giustizia", scrivono le associazioni, richiamando i dati dell'ultimo rapporto sullo Stato di diritto dell'Ue che, sottolineano, evidenzia un "preoccupante arretramento: dati recenti mostrano che il 62% delle organizzazioni della società civile ha subito minacce online, il 17% ritiene di essere sotto sorveglianza e il 9% è stato aggredito fisicamente".

Il rapporto identifica diverse lacune, come la mancanza di un sistema a livello europeo per difensori dei diritti umani per segnalare e dare seguito alle ritorsioni quando si condividono ad esempio le proprie ricerche o esperienze con le istituzioni dell'Ue. Non esiste inoltre un sistema di risposta rapida, denuncia il rapporto. Ad esempio, se un difensore ha urgente bisogno di fondi per aggiornare il proprio sistema di sicurezza o assumere un avvocato, è praticamente impossibile accedere rapidamente anche a piccole somme di denaro. Diverse le raccomandazioni formulate nel rapporto: occorre garantire un sistema di allerta e di indagini, in modo che un difensore dei diritti umani o un'ong possa segnalare un attacco, innescando un'indagine da parte dello Stato interessato. È necessario poi un sistema di risposta rapida interconnesso ma indipendente che garantisca una protezione globale, sia come misura preventiva che immediatamente dopo un attacco.

"Il deterioramento dello spazio civico e le continue minacce allo Stato di diritto hanno portato a un ampliamento dello strumentario" di contrasto "dell'Ue, volto a fornire risposte diverse e adeguate all'evoluzione della situazione, pur essendo la più ampia di tutte le regioni, la cassetta degli attrezzi non è sempre stata impiegata con la rapidità e il rigore necessari", si legge nel rapporto.

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