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L'Ursula bis passa di misura, mai così pochi voti

Mai una squadra di commissari aveva iniziato il mandato sotto la soglia 400. La grafica di Ednh

L'Ursula bis passa di misura, mai così pochi voti

Redazione Ansa

Ursula von der Leyen succede a se stessa ma il bis alla guida della Commissione europea ha un retrogusto molto amaro. "Oggi è un bel giorno per l'Europa perché il voto mostra la tenuta del centro", ha commentato a caldo la presidente dopo il via libera della plenaria di Strasburgo. Ma la nuova squadra di commissari, di cui Raffaele Fitto sarà uno dei vicepresidenti esecutivi, è passata con una maggioranza risicatissima e una coalizione che ha fatto acqua da tutte le parti: i sì, espressi in forma palese, sono stati 370 (appena 9 sopra la soglia della maggioranza degli aventi diritto), i contrari 282, le astensioni 36. È vero che per passare bastava la maggioranza semplice dei votanti ma von der Leyen ha raccolto ben 31 voti in meno dei 401 incassati a luglio, quando il Parlamento, a scrutinio segreto, le aveva affidato il mandato. Una performance tanto deludente da stabilire un record negativo: mai nessuno si era trasferito al Berlaymont grazie al sostegno del solo 51,3% dei rappresentanti degli elettori europei.

La nuova Commissione nasce insomma debolissima. Le aperture delle ultime settimane da parte del capo dei popolari Manfred Weber (e della stessa von der Leyen) ai conservatori di Ecr hanno provocato enormi tensioni all'interno della coalizione tradizionalmente europeista, frantumando l'unità dei gruppi: dai socialisti sono arrivati appena 90 sì su 133 votanti, spaccati anche i Verdi - 27 favorevoli e 19 contrari -, sei astenuti si sono contati tra i liberali, per non parlare del no dei 25 popolari spagnoli, contrari alla nomina della socialista Teresa Ribera. Nel suo intervento, citando il celebre slogan Usa "la libertà non è gratis", von der Leyen ha annunciato investimenti massicci sulla sicurezza. Quindi ha promesso che la sua prima iniziativa sarà "adottare una bussola della competitività basata sul rapporto Draghi". Per poi confermare che non cambierà rotta sul Green Deal Ue, i cui investimenti saranno prioritari. Più tardi ha ricevuto le congratulazioni del presidente ucraino: "Siamo certi che sotto la guida di questa Commissione europea l'Ucraina raggiungerà il suo obiettivo strategico finale, l'adesione all'Ue", ha postato su X Volodymyr Zelensky.

Ma durante e dopo il dibattito in aula sono emerse le enormi crepe interne che solcano quel poco che rimane della cosiddetta maggioranza Ursula. Nicola Zingaretti, capo delegazione del Pd, ha ribadito che nessuno "ha firmato un assegno in bianco" e che ora la battaglia dei progressisti sarà "difendere la piattaforma programmatica di luglio dagli attacchi delle destre che vogliono distruggere l'Europa". Di contro i meloniani (numeri alla mano decisivi con i loro 24 voti) hanno chiarito che da oggi in poi, per usare le parole di Carlo Fidanza, "non c'è più alcun vincolo di maggioranza". "Il nostro obiettivo - ha aggiunto il capodelegazione FdI - è quello di spostare a destra gli equilibri europei". Anche secondo Nicola Procaccini, co-presidente del gruppo dei conservatori, "oggi sono cambiati gli equilibri politici al Parlamento europeo, in generale anche nel Consiglio e quindi inevitabilmente nella Commissione europea. Va dato atto - ha concluso - che il detonatore di questi cambiamenti sia Giorgia Meloni". Compattamente contrari i leghisti nel gruppo dei Patrioti e i Cinque Stelle nel gruppo di Left: "Da von der Leyen - ha attaccato il capodelegazione della Lega, Paolo Borchia - è arrivata un'inascoltabile retorica, un supplizio dei buoni propositi non concretizzati negli ultimi anni". Secondo Gaetano Pedullà, vice capodelegazione del Movimento 5 Stelle, Ursula "si è messa l'elmetto sposando la retorica bellicista e guerrafondaia dimenticando il grido di dolore di chi vive in condizione di povertà".

I NUMERI DEL VOTO - Il patto di coalizione Ppe-S&d-Renew ha fatto registrare, tra contrari e astenuti, un'emorragia di 76 voti per la tedesca.

* IL VOTO ITALIANO - Nell'intero arco politico tricolore, che conta 76 delegati, 52 europarlamentari hanno votato a favore: oltre la metà (24) di Fratelli d'Italia, i 9 rappresentanti di Forza Italia e 19 esponenti del Pd. Nel fronte dei contrari si sono schierati in 23: i 2 indipendenti dem Cecilia Strada e Marco Tarquinio, i 10 esponenti di Sinistra italiana (2) e M5s (8), 3 dei Verdi (a cui si aggiunge un'assenza per maternità) e la truppa degli 8 leghisti.

* POPOLARI - Tra le file del gruppo di von der Leyen si sono registrate 25 defezioni: i 21 spagnoli al gran completo, intransigenti rispetto alla nomina della rivale in patria Teresa Ribera, e i 4 sloveni contrari alla scelta della commissaria Marta Kos. Astenuti invece 2 romeni.

* SOCIALISTI - Dagli S&d von der Leyen ha incassato soltanto 90 voti sui 133 presenti. Contrari dunque 25 deputati: oltre agli italiani Strada e Tarquinio, le intere delegazioni francese (13) e belga (4) e parte dei tedeschi dell'Spd. Gli astenuti, invece, sono stati 18.

* LIBERALI - Renew ha visto sfilarsi dal sì della disciplina di partito 6 eurodeputati sui 73 presenti: belgi e irlandesi hanno scelto la via dell'astensione. Nessun no.

* ECR - Trainati dai 24 sì di FdI, i conservatori hanno portato in dote 33 voti alla presidente della Commissione. La delegazione meloniana è stata seguita da altri 9 deputati tra belgi, cechi, lituani, lettoni e fiamminghi. L'intero gruppo ha comunque scelto in prevalenza il no: 39 i contrari, capitanati dai 20 polacchi del PiS, e 4 gli astenuti.

* VERDI - Fortemente spaccati, gli ecologisti si sono espressi con 27 sì, 19 no (tra cui italiani e spagnoli) e 6 astenuti.

* PATRIOTI - Gli 84 eurodeputati della galassia sovranista hanno votato compatti per il no: tra loro gli 8 leghisti, i 30 lepenisti e gli 11 orbaniani.

* THE LEFT - Stessa scelta anche per i 43 eurodeputati della Sinistra Ue, di cui fanno parte anche M5s e Sinistra italiana.

* ESN - Tutti contrari i 23 eurodeputati di Europa delle nazioni sovrane, il gruppo capeggiato da AfD. 

 

DA PRODI A URSULA, TUTTI I VOTI DEI PRESIDENTI UE - Ursula von der Leyen ha inaugurato il suo bis con un record poco invidiabile: l'eurofiducia più bassa mai accordata a un presidente della Commissione europea. Con 370 sì, ha ottenuto il 53,78% del sostegno sui 688 presenti in aula. Una percentuale che si abbassa al 51,39% sul totale dei 720 deputati che compongono l'Europarlamento. Il risultato - nonostante lo scrutinio palese rendesse più difficile sfuggire agli ordini di scuderia - ha messo in luce le crepe interne ai gruppi politici e un cospicuo calo di consenso per la tedesca rispetto a cinque anni fa, quando il suo primo collegio raccolse 461 sì tra gli allora 751 parlamentari. Un voto, con i rappresentanti britannici ancora presenti, che le accordò una maggioranza del 61,63%.

L'esecutivo von der Leyen 2.0 si distingue in negativo anche rispetto alla storia recente, sia in termini assoluti che in termini percentuali. Mai una squadra di commissari aveva iniziato il proprio mandato senza superare soglia 400. Nel 2014, Jean-Claude Juncker ottenne la fiducia di 423 eurodeputati su 751, raggiungendo il 56,32%. Peggio ancora il confronto del nuovo corso della tedesca con l'esecutivo dello spagnolo José Manuel Barroso, che nel 2010 conquistò 488 voti (66,3%) in un'aula composta da 736 membri, pur facendo registrare un dato leggermente più basso rispetto alla sua prima Commissione, inaugurata il 18 novembre 2004 con 470 voti a favore (65,3%) su 732.

Il record storico di consensi resta saldamente nelle mani di Romano Prodi, che il 15 settembre 1999 raccolse ben 510 sì tra i 626 eurodeputati dell'epoca, conquistando una maggioranza dell'81,47%. Ancor prima, nel 1995, il lussemburghese Jacques Santer - che deteneva finora il consenso più basso nella storia comunitaria - incassò 417 voti a favore su 567 eurodeputati. Fu comunque lui il primo ad affrontare il test dell'eurofiducia: fino al trattato di Maastricht del 1993, il Parlamento europeo non aveva un ruolo formale nell'approvazione della Commissione. 

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