(di Michele Esposito)
(ANSA) - BRUXELLES, 07 DIC - "Soluzione politica e dialogo
tra il governo siriano e la legittima opposizione". Gli alleati
storici di Bashar Assad, nelle ore in cui la Siria alawita sta
evaporando di fronte alla cavalcata dei ribelli, nascondono la
loro debolezza dietro questa richiesta.
A Doha, nel pomeriggio, i ministri degli Esteri del
cosiddetto formato Astana - Iran, Russia, Turchia, più l'inviato
dell'Onu per la Siria Geir Pedersen - si sono incontrati in una
riunione di emergenza a margine del Forum organizzato nella
capitale qatarina. La riunione ha ribadito "la difesa dei
principi di sovranità e integrità territoriale della Siria"
sottolineando la necessità di un rapido ritorno alla stabilità.
"È inammissibile consentire a un gruppo terroristico di prendere
il controllo del territorio in violazione degli accordi
esistenti, a partire dalla risoluzione del Consiglio di
sicurezza dell'Onu", ha rimarcato il ministro degli Esteri russo
Seghiei Lavrov. Il suo collega iraniano, Abbas Araghchi, ha
invece sottolineato la necessità di "negoziati e dialogo" tra le
parti. Nella giornata di venerdì, lo stesso Araghchi, aveva
incontrato una delegazione del governo siriano a Baghdad,
assicurando "stretto coordinamento" tra Damasco e Teheran.
Sul terreno, tuttavia, lo stato dell'arte racconta di una
corsa contro il tempo per salvare Assad e della necessità di un
intervento militare massiccio da parte dei suoi alleati che,
tuttavia, finora non c'è stato. Solo Hezbollah, sebbene sia
stata decapitata dalla guerra con Israele, ha annunciato l'invio
di duemila uomini per difendere la città di Homs dai ribelli.
L'Iran, finora, ha evitato di inviare "boots on the ground".
Parallelamente Mosca, dopo i primi i raid su Aleppo - che hanno
provocato diverse vittime civili - sembra aver affievolito la
sua azione sul terreno, sebbene Lavrov abbia assicurato anche da
Doha "assistenza militare a Damasco".
Il ruolo della Russia è cruciale. Nel 2015, quando il destino
di Assad appariva ai più segnato, l'intervento di Vladimir Putin
fu decisivo. Attraverso massicci raid aerei e con l'invio di un
arsenale militare all'alleato, la Russia riuscì a salvare il
regime alawita, legato a Mosca sin dai tempi dagli anni ottanta,
quando il partito baathista siriano guidato da Hafez Assad e il
Pcus siglarono un trattato di amicizia. In quegli anni
cominciava il rafforzamento della base militare russa a Tartus,
città portuale della Siria. Il Paese mediorientale diventava
così l'unico sbocco della Russia sul Mar Mediterraneo, facendo
della base siriana un pilastro inamovibile della strategia
militare del Cremlino.
La perdita di Tartus non sarebbe la sola conseguenza nefasta
per Putin nel caso Assad sia rovesciato. L'arrivo
dell'organizzazione Hts al potere cambiare lo stigma del potere
religioso siriano, da sciita a sunnita, portando un potenziale
vantaggio al grande avversario dell'Iran nella regione: l'Arabia
Saudita. E Riad, già nel corso del primo mandato di Donald
Trump, ha mostrato di essere una buona amica del presidente
repubblicano. (ANSA).
>ANSA-FOCUS/Mosca e Teheran in ritirata, un duro colpo per Putin
Alleati di Damasco provano la carta della 'soluzione politica'