BRUXELLES - Una nuova direttiva sui rimpatri entro marzo per imprimere una svolta anche al concetto di Paese sicuro. Ursula von der Leyen, nell'ormai tradizione lettera sullo stato dell'arte della politica migratoria ai 27, ha confermato la linea dura della nuova Commissione cementificando l'asse sui flussi instauratosi ormai da mesi con il governo di Giorgia Meloni. Il messaggio della presidente della Commissione nella sua missiva e le comunicazioni della presidente del Consiglio alla Camera, arrivati pressoché parallelamente, di fatto preannunciano un'azione omogenea tutta concentrata sulla chiusura ai flussi illegali.
Von der Leyen, da qualche tempo, ha trasformato la sua lettera sulla migrazione ai leader in una sorta di dichiarazione di intenti. Il tema, al summit Ue che si terrà giovedì a Bruxelles, non sarà centrale anche se troverà posto nelle conclusioni finali. E la presidente dell'esecutivo comunitario ha confermato come su tre punti - la nuova direttiva sui rimpatri, la revisione della definizione di Paese sicuro, il possibile utilizzo di hub per i rimpatri in Paesi terzi - la Commissione vuole procedere spedita. Entro il Consiglio europeo di marzo Palazzo Berlaymont proporrà le nuove regole sui rimpatri per renderli "più semplici, più rapidi e più efficienti", ha spiegato von der Leyen, assicurando una modifica anche nei parametri per la definizione di Paesi che - ha anticipato - dovranno essere più flessibili.
E, in questo senso, potrebbe rientrare anche quella modifica voluta da Meloni secondo la quale un Paese può essere sicuro anche se non lo è nella sua interezza. Il punto è dirimente perché ha impatto sul giudizio della Corte di Giustizia Ue e quindi anche quello dei tribunali nazionali. Il tema "è stato oggetto di recenti provvedimenti giudiziari dal sapore ideologico che se fossero confermati nella loro filosofia di fondo dalla Corte di giustizia Ue rischierebbero di compromettere almeno fino all'entrata in vigore delle nuove regole Ue, nel 2026, le politiche di rimpatrio, una prospettiva preoccupante e inaccettabile che occorre prevenire con determinazione", ha attaccato Meloni che sui centri in Albania non ha alcuna intenzione di fare passi indietro.
Certo è difficile che le regole siano cambiate prima della primavera 2025, quando è attesa la sentenza della Corte di Lussemburgo sui rinvii pregiudiziali partiti dai tribunali di Roma, Bologna e Palermo che hanno sospeso i trattenimenti dei migranti in Albania. Ma, anche sull'idea degli hub nei Paesi terzi sicuri, von der Leyen mostra di essere in linea con Meloni. "Ne esamineremo gli aspetti legali, operativi e pratici", ha spiegato la numero uno dell'esecutivo Ue. Di questi temi è possibile che se ne torni a parlare non solo al summit Ue ma anche alla possibile riunione ristretta che, come è accaduto a ottobre, giovedì mattina potrebbe precedere il summit.
Un incontro tra Paesi cosiddetti like-minded, guidati dal Ppe, da Ecr o dai Patrioti e pronti a mettere all'angolo i (pochi) governi socialisti e liberali rimasti in carica. Ma nelle prossime settimane la Commissione proseguirà anche sulla strada degli accordi con i Paesi terzi per fermare i flussi all'origine aumentando il livello di cooperazione con l'Ue. A fine gennaio dovrebbe toccare alla Giordania, subito dopo al Marocco. Nel frattempo, in missione dal presidente turco Recep Tayyp Erdogan, von der Leyen ha annunciato l'esborso di un miliardo entro l'anno per la gestione dei rifugiati. E sullo sfondo c'è il dossier del rientro volontario dei siriani dopo la caduta di Assad, tema centrale del summit di giovedì.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it