(di Alessandra Briganti)
(ANSA) - BRUXELLES, 20 DIC - Donald Tusk lo aveva avvisato.
Se avesse preso "decisioni strane", sarebbe stato Viktor Orbán a
"trovarsi in una posizione difficile".
L'ultimo capitolo della complicata relazione tra i due premier
dell'Est ruota intorno a Marcin Romanowski, ex vice ministro
polacco della Giustizia, accusato di uso improprio di fondi
pubblici.
Il caso è montato mentre era in corso il vertice europeo a
Bruxelles, l'ultimo della presidenza ungherese di turno. Nella
mattinata sono iniziate a rincorrersi voci sull'imminente
decisione di Budapest di concedere asilo politico a Romanowski,
destinatario di un mandato d'arresto europeo spiccato da
Varsavia. Voci poi confermate dal capo di gabinetto ungherese,
Gergely Gulyás. Ci sono "prove concrete della mancanza di un
processo equo" in Polonia, è stata la sentenza di Budapest.
Un colpo basso per Varsavia che si appresta a subentrare
all'Ungheria alla presidenza di turno del Consiglio Ue. "Non mi
aspettavo - ha ammesso Tusk - che chi fugge dalla giustizia,
funzionari corrotti, potesse scegliere tra Lukashenko e Orbán,
cercando rifugio dalla giustizia". Nelle stesse ore,
l'ambasciatore ungherese in Polonia è stato convocato al
ministero degli Esteri dove è stato informato della decisione di
richiamare l'ambasciatore polacco a Budapest per consultazioni
per un arco di tempo indefinito.
La Commissione europea non è entrata nello specifico,
limitandosi a ribadire quanto previsto dalle norme europee: gli
Stati membri hanno l'obbligo di eseguire i mandati d'arresto
europei. In questo caso, il Giudice ungherese deve esaminare il
mandato d'arresto per vedere se ci sono motivi per rifiutare la
richiesta. C'è poi l'aspetto dell'asilo politico a rendere la
vicenda ancor più anomala. "Il livello di protezione dei diritti
e delle libertà fondamentali negli Stati membri è tale che tutti
gli Stati membri sono considerati paesi sicuri", spiegano da
Bruxelles, secondo cui una richiesta di asilo sarebbe
ammissibile da parte di cittadini di un altro Stato membro "solo
in circostanze del tutto eccezionali".
Una provocazione in perfetto stile Orbán che da mesi lamenta
l'uso di un doppio standard da parte dell'Ue nel valutare lo
stato di salute della democrazia nei diversi Paesi europei. Una
valutazione che da un lato è costata all'Ungheria il
congelamento di circa venti miliardi di euro di fondi europei, e
dall'altro ha riabilitato la Polonia dopo il cambio di governo a
Varsavia. Qualche giorno fa l'ultimo tentativo di Budapest di
riavere una parte di fondi è andato a vuoto. A comunicare
l'ennesimo insuccesso di Budapest c'era il commissario Ue al
Bilancio, il polacco Piotr Serafin. La vendetta di Orban è stata
consumata. (ANSA).
>ANSA-FOCUS/ Orban dà asilo a un politico del Pis, ira Varsavia
La Polonia convoca l'ambasciatore. Tusk:'Viktor come Lukashenko'