(di Valentina Brini)
(ANSA) - BRUXELLES, 01 FEB - Per ora è soltanto un'ipotesi,
ma il messaggio sarebbe già stato recapitato alla Casa Bianca.
La Nato sta valutando di rafforzare la sua presenza militare
nell'Artico: un escamotage - rilanciato dal quotidiano tedesco
Handelsblatt citando fonti dell'Alleanza - per convincere Donald
Trump a mettere da parte le sue mire espansionistiche e che
mette in luce la ricerca dell'appeasement anche per scongiurare
la guerra dei dazi.
Sulle ambizioni territoriali Trump "non scherza", ha
assicurato nei giorni scorsi il segretario di Stato americano
Marco Rubio, atteso nelle prossime ore a Panama. Prova ne è che
proprio sulla sorte del canale che collega l'Atlantico al
Pacifico il presidente americano nelle ultime ore è tornato
all'attacco. Un maggiore coinvolgimento degli Alleati in
Groenlandia allora, nei piani della Nato, potrebbe rispondere
alle esigenze di sicurezza a stelle e strisce senza modificare
lo status dell'isola. La strategia, in discussione ancora
soltanto a livello informale, si baserebbe sui nuovi piani di
difesa Nato già adottati nel 2023: i documenti classificati
prevedono un aumento delle capacità di deterrenza e difesa
nell'estremo nord in chiave anti-Russia e anti-Cina, la cui
presenza navale nell'area si fa sempre più pressante.
A spingere l'Alleanza verso questa direzione - affossando
l'idea di Parigi di schierare truppe Ue nell'Artico per
avvertire non solo Mosca e Pechino, ma lo stesso Trump - è la
premier danese Mette Frederiksen, da settimane in pressing sugli
alleati. Copenaghen è già impegnata a protezione dell'isola con
2 miliardi di dollari per rafforzare la propria presenza
militare nell'Artico e nel Nord Atlantico. Ma dietro
l'accelerazione strategica si cela il vero nodo della partita: i
finanziamenti per la difesa. Il dossier finirà per alimentare il
braccio di ferro sulla percentuale del Pil destinare alla
sicurezza.
Al 'ritiro', nel gergo comunitario, al Palais d'Egmont i
leader Ue metteranno sul piatto tre punti chiave: quali progetti
strategici sono prioritari (dallo scudo europeo di difesa aerea
alla mobilità militare), le opzioni di finanziamento (eurobond,
bilancio comune o lo scongelamento delle risorse del Mes) e come
rafforzare l'industria bellica europea, cercando sinergie tra i
big del settore per ottimizzare costi ed efficienza. "Quello che
vedo ora non basta e, se non ci muoviamo, oggi siamo al sicuro
ma tra quattro o cinque anni potremmo non esserlo più", è
l'esortazione che Rutte, insieme all'Alto rappresentante Kaja
Kallas e al commissario Ue per la Difesa, Andrus Kubiulius,
vanno ripetendo continuando a ribadire la pericolosità di Mosca
e ad assicurare pieno sostegno a Kiev. Una posizione che si
scontra però con la linea più prudente dei frugali sulla spesa,
contrari a nuovo debito comune e per i quali la via più rapida
per colmare il ritardo dell'industria europea e il gap di
sicurezza è acquistare più armi dagli Stati Uniti. Diverse fonti
europee fanno tuttavia notare che sul fronte dei finanziamenti
"ci sono state delle evoluzioni" tra i falchi capitanati
dall'Aja che a giugno ospiterà il vertice dei leader Nato, tanto
che - nonostante ufficialmente le posizioni restino distanti -
si parla di un possibile fondo comune ad hoc da 500 miliardi di
euro. Per l'Italia la priorità però è chiara: scorporare le
spese dai paletti del Patto di stabilità. Un piano che piace a
Francia, Spagna e Polonia, ma dalle trattative in salita. Le
risposte di Ue e Alleati arriveranno a giugno, ma la prima bozza
della strategia comunitaria sarà nero su bianco già a marzo, con
il White Paper sulla difesa. (ANSA).
>>>ANSA/ L'offerta Nato per convincere Trump sulla Groenlandia
'Più forze in Artico'. Al summit Ue scontro sui fondi per difesa