Alla Nato ormai è cercasi 'Seg-Gen' disperatamente. Il gioco dei veti incrociati e della mancanza oggettiva di candidati dal pedrigree sufficientemente altolocato per ricoprire il ruolo di leader dell'Alleanza Atlantica - che al quartier generale prende il nomignolo appunto di 'Sec-Gen' - ha infatti già bruciato nomi di spicco. E il tempo ormai scarseggia. L'idea era di arrivare al summit di Vilnius con un successore concordato tra i 31 alleati. Però a poche settimane la trattativa è ancora in alto mare e dunque sta prendendo sempre più quota l'ipotesi dell'ennesimo rinnovo per Jens Stoltenberg -- sempre che accetti.
L'attuale segretario generale ripete di "non cercare" una nuova estensione. Formulazione criptica, dato che "cercare" è ben diverso che "accettare" qualora l'Alleanza compatta dovesse chiedergli di restare. Indiscrezioni di stampa di origini scandinava sostengono che Joe Biden, nel corso dell'incontro con Stoltenberg a Washington, si sia speso in tal senso. La corsa di Ben Wallace, il coriaceo ministro della Difesa britannico, si è schiantata contro l'opposizione dei francesi nonché il suo CV non abbastanza blasonato (non rientra nella ristretta cerchia degli ex capo di Stato o di governo).
Giochi finiti, a quanto pare, anche per Mette Frederiksen, la premier danese. Dalla sua aveva il genere - piace molto l'ipotesi della prima donna alla guida della Nato - e il sostegno di un cospicuo rassemblement. Contro di lei però la Polonia e i Baltici. Che vorrebbero una figura più 'volitiva' per quanto riguarda il dossier ucraino. Diverse voci indicano come ostacolo aggiuntivo le basse spese militari della Danimarca (1,38% del Pil nel 2022) e la staffetta con Anders Fogh Rasmussen, anche lui danese, segretario generale della Nato prima di Stoltenberg: in pratica un balletto fin troppo scandinavo.
Scorrendo la lista dei maggiorenti si trova l'estone Kaja Kallas. Al di là del genere, sarebbe un riconoscimento al blocco orientale. Ma ci sono due problemi: ha appena vinto le elezioni e una parte degli alleati vede la scelta di virare sul fianco orientale come eccessiva, in questa fase. Per queste ragioni non è considerata un competitor reale. In linea generale Parigi - raccontando diverse fonti - avrebbe posto sul tavolo un principio: che il prossimo 'Sec-Gen' provenga da un Paese dell'Ue, per rafforzare il concetto di "pilastro europeo della Nato" e dunque "l'autonomia strategica" tanto cara alla Francia. Dunque, appunto, au revoir alla Gran Bretagna e, in teoria, pure alla Norvegia.
Detto questo Stoltenberg è Stoltenberg. Ha guidato bene l'alleanza in tempi di crisi, "capisce la Russia" e non chiude al "principio dei negoziati" con Mosca, purché portino "a una pace giusta", sta operando a cuore aperto su questioni di primaria importanza, tipo l'ingresso della Svezia, e cambiare capitano in corsa sarebbe uno stress forse eccessivo. Il punto è che - dicono le voci - a questo punto il 'Sec-Gen' non vorrebbe fare il tappabuchi e se di rinnovo si tratta dovrebbe essere un mandato pieno, non un'estensione -- non gradirebbe insomma tenere la poltrona in caldo in attesa che i vari calendari elettorali europei liberino altre risorse.
La novità, in quest'ottica, è Pedro Sanchez. Le elezioni anticipate spagnole si terranno a luglio e in caso di disfatta per il Psoe l'attuale premier si troverebbe improvvisamente disponibile. Parigi lo sosterrebbe: rientra pienamente nel ragionamento di cui sopra. Idem per i mediterranei, al netto di qualche perplessità italiana che ha ormai puntato tutto su Cavo Dragone alla presidenza del comitato militare (due nomi del fianco sud ai vertici della Nato sarebbero troppi). L'est è più scettico. Ma gli Usa non sarebbero contrari (ottima la chimica tra Biden e Sanchez a Madrid in occasione dell'ultimo vertice).
L'obiezione a questo scenario, notano alcune fonti Nato, è di principio: aspettare che l'Europa in generale e l'Ue in particolare - con le elezioni per rinnovare l'Eurocamera previste il prossimo anno e annesso giro di poltrone ai vertici delle istituzioni - termini il suo valzer significherebbe cedere totalmente l'iniziativa al vecchio mondo. Ma qui si entra nel teologico, più che nel filosofico. Un'estensione di un anno a Stoltenberg sistemerebbe anche questo aspetto. "La scelta del 'Seg-Gen' si risolve se necessario in un giro di telefonate fra cinque capitali", puntualizza un funzionario alleato di vecchio corso, che ricorda come lo stesso Stoltenberg sia comparso nella corsa, a suo tempo, solo all'ultimo.