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Il voto a Praga e Bratislava, tra astensione e populismo

Retorica anti migranti e ingerenze russe i temi caldi

Ue: il premier ungherese Orban con l'omologo slovacco Fico

Redazione Ansa

La campagna elettorale per le elezioni europee in Repubblica Ceca e Slovacchia è ostaggio della retorica anti-migrazione e delle influenze russe. Una crescente retorica populista e un forte disinteresse nei confronti della politica europea inoltre sono problemi comuni ai due Paesi dell’Europa centrale che sono però guidati da due governi molto diversi tra loro. A Praga siede il conservatore moderato Fiala, membro della famiglia europea da Ecr, guidata da Giorgia Meloni, e campione della linea anti-Mosca. In carica a Bratislava invece c'è il socialista Fico, noto a Bruxelles come ‘l’amico di Orban’, che non nasconde le sue amicizie al Cremlino e che è stato sospeso dal Partito Socialista europeo.

In Repubblica Ceca, la campagna elettorale delle opposizioni al premier Fiala è dominata dalla retorica anti-immigrazione usata dal partito di estrema destra Libertà e Democrazia (Spd) e dal movimento guidato dall'ex premier Andrej Babis, dato oggi oltre al 33% dei consensi. Figura chiave è anche Tomio Okamura, il politico ceco di origine giapponese e leader dell'Spd, dato oggi al 10%, che ha impostato la sua campagna sul pericolo dell’islamizzazione dell'Europa. Dal governo di Fiala, e dal presidente Pavel, il motociclista ex generale Nato, arriva invece una grande allarme sulle ingerenze russe. Praga è infatti in prima linea nella lotta contro i bot russi e sono stati proprio i suoi servizi segreti a guidare le indagini del recente scandalo di ingerenze del Cremlino sull’Eurocamera, culminato con la chiusura del portale Voice of Europe.

In Slovacchia la guida del governo è affidata al primo ministro populista Robert Fico, il cui partito, dato oggi al 21%, è stato sospeso dal Pse a causa delle sue posizioni troppo vicine a Putin e per aver formato una coalizione con le forze di estrema destra. Il governo di Fico è oggetto di critiche a Bruxelles per aver preso di mira i media, le Ong e i pubblici ministeri, sulla scie della strategia messa in campo dall'Ungheria di Viktor Orbán. La recente vittoria di Peter Pellegrini, alleato di Fico, nelle elezioni presidenziali ha inoltre frustrato l'opposizione del Partito Progressista, che i sondaggi danno appena sotto al 20%, il cui leader Ludovít Ódor, ha spesso denunciato il deterioramento degli standard dello stato di diritto nel suo Paese.

Le imminenti elezioni europee saranno dunque un test cruciale per il panorama politico in entrambi i paesi, ma su di loro pesa la minaccia dell’astensione. In entrambi i Paesi, infatti, l’affluenza al voto alle europee del 2019 è stata sotto al 30%, e i sondaggi suggeriscono che anche questa volta il dato potrebbe attestarsi ad una cifra simile, che è di oltre 20 punti inferiore alla media Ue. La Repubblica Ceca, all'Eurocamera, ha complessivamente diritto a 21 seggi, la Slovacchia a 15. 

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