"E' tornato il bipolarismo". Esulta Giorgia Meloni per un risultato che porta Fratelli d'Italia a sfiorare il 29 per cento (28,8%).
La premier, leggendo anche il buon risultato del Pd (24,08%), dà la sua lettura del voto alle europee e spiega che riporta in Italia la logica dei due schieramenti. Quello che non dice la premier ma dicono i numeri è che la contestuale frenata dell'alleato più irrequieto, Matteo Salvini, garantisce di fatto una maggiore stabilità al suo governo.
Nelle elezioni che hanno segnato il record negativo di votanti (astensione per la prima volta nella storia repubblicana superiore al 50 per cento), Meloni non nasconde la soddisfazione per l'altissimo numero di preferenze ottenute che le permetterà di presentarsi al G7 "con il governo più forte di tutti in Europa". In effetti il test ha un valore tutto interno e conferma che la luna di miele con gli italiani non è affatto finita.
Anche il buon risultato di Forza Italia (erano le prime elezioni dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi) che si colloca seppur di poco davanti alla Lega (9,6 contro 9,0 per cento) conferma un quadro di stabilità all'interno del quale la forza di Fratelli d'Italia sarà ancora più dominante. "Io non ho mai temuto, francamente, che potessero davvero esserci delle scosse" per il governo, assicura Meloni ospite di Bruno Vespa.
"Frequento Matteo Salvini, frequento Antonio Tajani - ricorda - so che per tutti noi la consapevolezza del compito che abbiamo sulle spalle è molto più forte di qualsiasi eventuale piccolo interesse di bottega. Sicuramente, però, è un risultato molto importante, perché racconta una cosa che io dico da molto tempo e cioè che il centrodestra può crescere valorizzando le sue specificità, che si può crescere tutti insieme". Dall'altra parte non ci si straccia le vesti visto l'ottimo risultato ottenuto da Elly Schlein la quale riporta il Pd all'interno di un trend di crescita che lascia ben sperare per il futuro. "Il messaggio è chiaro, Giorgia Meloni stiamo arrivando", ha commentato a caldo la segretaria che poi ha anche sentito la premier per dei complimenti reciproci. Schlein infatti si trova in una situazione se non analoga simile a quella di Meloni: il crollo del Movimento 5 stelle conferma che l'ossatura dell'alternativa è chiaramente in mano ai dem e che la "testardaggine" con la quale Schlein ricerca l'unità dei progressisti viene capita dagli elettori e potrebbe costringere Giuseppe Conte ad un dialogo non di facciata
. Complice di questa analisi è il boom dello schieramento più a sinistra, Avs. Il duo Fratoianni-Bonelli ha prodotto un inimmaginabile 6,7 per cento. Si tratta di un voto giovane che porta fieno in cascina per il prossimo futuro, almeno a leggere con attenzione l'analisi che premia l'Alleanza Verdi e Sinistra tra gli under 35. Fa riflettere anche il dato dei "fuorisede" dove il centrosinistra ha trionfato: su 17.442 votanti Avs ha fatto l'en plein con 7.037 voti pari al 40,35 per cento, seguito dal Pd al 25%. Naturalmente alla volata ha contribuito molto la candidatura forte di Ilaria Salis per la quale ora si apre la partita dell'immunità tra Italia e Ungheria. La lettura della premier sul ritorno del bipolarismo sembra confermata anche dalla debacle dei riformisti centristi che pagano le loro divisioni e non superano la soglia di sbarramento del 4 per cento: Azione di Carlo Calenda si ferma al 3,3% mentre Stati Uniti d'Europa, con la coppia Emma Bonino e Matteo Renzi, sfiora la soglia ma non la supera con il 3,7%. La Lega apre una "riflessione" interna perchè il risultato ottenuto da Salvini dopo una campagna elettorale tutta d'attacco non ha pagato. Non è bastato il successo del generale Vannacci a convincere gli elettori e gli analisti si interrogano cosa sarebbe successo alla Lega senza la candidatura del controverso militare. Analoga "riflessione" è partita dentro i Cinque stelle dove la flessione è stata ben più dolorosa: Giuseppe Conte non ha nascosto la propria delusione per un risultato che lo colloca addirittura sotto il 10 per cento (9,9%). L'M5s "non è più un partito rivoluzionario", ha sintetizzato l'ex ministro pentastellato Danilo Toninelli. Adesso si passa al puzzle europeo ancora aperto a diverse possibilità per l'elezione del prossimo presidente della Commissione. Se la premier si trincera dietro un comprensibile riserbo rispetto ad un bis di von der Leyen ("è presto per parlarne"), a sinistra il Pd gareggia con il Psoe di Pedro Sanchez per chi avrà la guida del gruppo socialisti e democratici all'Eurocamera.
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