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Troppe due finali perse, Southgate lascia l'Inghilterra 

Klopp, Tuchel o Lampard, incertezza sul nuovo ct dei Tre Leoni 

Redazione Ansa

 Annunciate alla vigilia della spedizione in Germania, prevedibili dopo la selva di critiche che lo ha investito in seguito alla finale persa contro la Spagna, Gareth Southgate ha rassegnato le sue dimissioni lasciando la panchina della nazionale inglese.

Senza polemiche né accuse, ribadendo l'onore vissuto per aver guidato per otto anni i Tre Leoni.

Un periodo coinciso con i migliori risultati di sempre dell'Inghilterra a livello internazionale, fatta eccezione per la Coppa del Mondo 1966.

Ma neppure a Alf Ramsey, il mitico allenatore che sedeva sulla panchina inglese nella finalissima di Wembley contro la Germania dell'Ovest, era riuscito raggiungere una finale internazionale lontano dall'isola.

Men che meno le due finali europee consecutive, conquistate da Southgate, che vanno ad aggiungersi alla semifinale al mondiale 2018. Un bilancio più che positivo che però non è bastato al 58enne allenatore per evitare critiche e persino sberleffi da parte di media e tifosi. È vero che nei momenti decisivi gli è mancato qualcosa, un'intuizione, un po' di coraggio, una scelta vincente, per ribaltare il corso degli eventi. Ma è altresì vero che sotto di lui l'Inghilterra - complice un'infornata di giovani talenti - è cresciuta di molto, scalando il ranking mondiale.

Come ha ribadito lo stesso Southgate, pochi istanti dopo la delusione di Berlino. "La nazionale si trova in una buona posizione in termini di esperienza ed età: la maggior parte di questa squadra sarà presente non solo al prossimo mondiale, ma anche all'europeo tra quattro anni". Un'analisi lucida per nascondere l'amarezza di non aver interrotto quel sortilegio da "perdenti di successo", che accompagna l'Inghilterra da 58 anni.

Neppure le parole di stima e gratitudine che gli ha tributato re Carlo III, dopo il 2-1 contro la Spagna, gli hanno fatto cambiare idea sul suo futuro. Né il pressing della Federcalcio inglese, che da mesi voleva prolungargli l'attuale contratto, in scadenza a dicembre, almeno fino al prossimo mondiale (2026). Dopo 102 panchine, Southgate ha detto basta: troppo stress, troppe pressioni, appesantite dal carico di aspettative che accompagna la generazione dei Bellingham, Saka, Foden.

Talenti cristallini, ancora in cerca della consacrazione con la maglia bianca e la croce di San Giorgio. Proprio per questo, anticipando cosa gli sarebbe stato riservato dalla critica, prima di partire per la Germania, aveva posto come condizione per la sua permanenza niente di meno che la vittoria di Euro 2024. Qualsiasi altro risultato, come puntualmente accaduto, avrebbe ridato fiato e parole ai suoi numerosi detrattori. Finendo per logorare la sua posizione di commissario tecnico, stimato per i suoi modi da gentleman, molto meno come tecnico. Meglio dunque lasciare ora, dopo una finale.

"Come inglese orgoglioso, è stato l'onore della mia vita prima giocare poi allenare l'Inghilterra - le parole di Southgate -. Ha significato tutto per me e ho dato tutto, ma è tempo di cambiare e di un nuovo capitolo. Ho avuto il privilegio di guidare la nazionale in occasione di 102 partite. La rosa che abbiamo portato in Germania è piena di talento, e potrà certamente vincere trofei in futuro". Ma con un ct differente.

Se il futuro di Southgate resta tutto da scoprire, e non è escluso che resti fermo un anno, già si rincorrono indiscrezioni e candidature per la successione. La suggestione più grande e improbabile è sicuramente Pep Guardiola, ma anche Jurgen Klopp sarebbe una scelta clamorosa. Reduce dalla deludente esperienza al Bayern Monaco, Thomas Tuchel ha il vantaggio di conoscere il calcio inglese, avendo allenato il Chelsea, al pari di Mauricio Pochettino. Tra i papabili con passaporto britannico, l'ex Chelsea e Brighton Graham Potter, che però paga la scarsa esperienza internazionale, Eddie Howe, attuale manager del Newcastle, l'allenatore dell'Under 21 Lee Carsley, e una leggenda del calcio inglese, Frank Lampard.


   

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