(ANSA) - TRIESTE, 02 APR - Un romanzo che attraversa tre
generazioni, le prime due - quelle di Norina e di Amila - in
fuga dalla guerra, quel martoriato territorio dei Balcani; la
terza molto meno traumatica seppure discenda dalla prima e di
quella vada a cercare le radici. E' la generazione di Simon,
istroaustraliano, figlio della sorella di Norina, scappate
insieme per poi separarsi e non ritrovarsi mai più.
Un romanzo dove punto di riferimento geografico e culturale
nonché riparo sicuro da artiglieria e bombardamenti, è Trieste,
luogo negoziale e di sutura, sorta di enorme e benevola casa
famiglia.
"Ma anche romanzo d'amore", tiene a sottolineare l'autrice:
quello di Norina - "ruvida, un po' ottocentesca, anche nei
sentimenti" - quello dell'altra generazione, più fluido ma
sempre con il respiro corto del confine, e quindi dell'
appartenenza. Non potrebbe essere diversamente: la Marzi stessa
delle barriere doganali e dell'effimera separazione dei pensieri
che queste comportano - come se un passaggio a livello potesse
interrompere un flusso culturale, uno spirito - è simbolo
vivente. E contemporaneamente ne rappresenta il tentativo di
superare le scissioni, parlando correntemente sei lingue e vari
dialetti. Tuttavia, guarda caso, il romanzo è stato scritto in
italiano, "una scelta stilistica, definisce questa opzione.
"Scrivendolo mi sono sentita una ventriloqua - ha spiegato,
incalzata dalle domande di Margherita Reguitti - perché la
lingua di Norina è come se mi fosse venuta fuori dal passato".
Infine, deve ammettere: "Provengo da una famiglia di frontiera e
io stessa ho vissuto quasi sempre in città di frontiera".
(ANSA).
Libri: l'"altrove" di Federica Marzi trova casa a Rosazzo
Nuovo incontro dei Colloqui dell'Abbazia, di Reguitti e Felluga