Lazio

Costanzo, 'racconto il cinema-sogno e gli attori, i nostri eroi'

Finalmente l'alba, tra il caso Montesi e la Hollywood sul Tevere

Redazione Ansa

(ANSA) - VENEZIA, 01 SET - Il fascino del cinema, lo stupore di un set, il sogno di fare l'attrice e la Hollywood sul Tevere degli anni '50, di Liz Taylor e Richard Burton, delle bighe e delle piramidi ricostruite a Cinecittà, ma anche "dell'immagine archetipica della donna usata e buttata via, quel corpo sulla spiaggia di Capocotta dell'aspirante attrice Wilma Montesi, la perdita dell'innocenza": Saverio Costanzo racconta Finalmente l'alba, in concorso alla Mostra del cinema di Venezia. Un film kolossal da 28 milioni di euro, un budget inusuale per un'opera italiana e un cast internazionale con Lily James e Willem Dafoe (assenti per lo sciopero), la giovane protagonista Rebecca Antonaci, Alba Rohrwacher nei panni di Alida Valli, e poi ancora Joe Keery, Rachel Sennott, Sofia Panizzi e con un cameo en travesti di Michele Bravi. Una produzione Wildside con Rai Cinema (in collaborazione con Fremantle, Cinecittà, Filmnation), in sala con 01 dal 14 dicembre.
    "Sono una persona del Novecento, per me - dice Costanzo - il cinema è ancora centrale, niente ha più fuoco, spinta propulsiva come le immagini in una sala buia, guardare i film è una esperienza formativa, insegnamento che ci cambia, ci porta lontano. Non so se per un giovane è così, per i miei figli lo è, ma secondo me affascinante come il cinema non c'è altro".
    Usualmente le opere di Costanzo, Hungry Hearts, Private ma anche L'amica geniale, hanno estrazione letteraria, Finalmente l'alba invece no. "Sono partito dal caso Montesi, da quella foto di quel corpo a faccia in giù abusato, così simile a tante tragedie degli stupri e dei femminicidi di oggi, perché diciamolo in Italia per una donna la vita non è facile per niente proprio culturalmente. E mi sono immaginato che un'aspirante attrice come era stata Wilma avesse quello stesso sogno e da lì è partito tutto il racconto, che incrocia quella storia di cronaca, quel caso mediatico, per seguire Mimosa, il simbolo di ingenuità, di purezza, di semplicità che in un giorno e una notte cambia ma senza perdersi".
    Un film con il mestiere dell'attore al centro, "un mestiere difficilissimo, serve un grande coraggio, sono quelli che rischiano di più, sono i nostri eroi", spiega il regista.
    (ANSA).
   

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