Una prima udienza, come prevedibile, tecnica e interlocutoria nel processo a carico dei quattro 007 egiziani accusati di avere sequestrato, torturato e ucciso Giulio Regeni nel 2016 al Cairo.
Un duello tra accusa e difese fatto di eccezioni preliminari e richieste ai giudici della prima Corte d'Assise di Roma. In particolare gli avvocati degli imputati hanno sollecitato ai giudici di dichiarare la nullità del decreto che dispone il giudizio su una serie di questioni tra cui la indeterminatezza del capo di imputazione e il difetto di giurisdizione.
Dalle difese è stato chiesto, inoltre, di comunicare all'autorità egiziane che la sentenza della Consulta ha "fatto cambiare le cose, in modo da fare dichiarare al Cairo l'assenza di loro cittadini".
Eccezioni su cui la Procura di Roma, rappresentata in aula dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, ha replicato sostenendo che già altri giudici si sono espressi in passato respingendole e quindi chiedendone il rigetto. Stessa richiesta avanzata dalle parti civili tra cui la Presidenza del Consiglio. Il giudice si è quindi riservato di decidere nella prossima udienza fissata al 18 marzo. In aula presenti i genitori di Regeni, Claudia e Paola con la figlia Irene, che anche oggi hanno ricevuto il sostegno di tante persone che hanno inscenato, all'esterno della cittadella giudiziaria di piazzale Clodio, un sit in mostrando lo striscione "Verità per Giulio"
. "Erano otto anni che aspettavamo questo momento - ha affermato la legale dei familiari, Alessandra Ballerini lasciando il tribunale -. Finalmente speriamo che il processo possa partire. Sono state sollevate le questioni preliminari che erano già stata rigettate in tutte le altre aule di giustizia: speriamo, dopo la decisione della Consulta, che rafforza molto la nostra posizione, di potere avere un processo contro chi ha fatto tutto il male del mondo a Giulio". In tribunale anche alcuni politici tra cui Laura Boldrini, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. "Un'altra giornata importante per la battaglia per la verità - afferma la segretaria del Pd, Elly Schlein -. C'è stata la chiara volontà del governo egiziano di non collaborare e depistare e cercare di evitare che questo processo si tenesse, invece bisogna ricostruire le responsabilità non solo degli esecutori ma anche dei mandanti". Dal punto di vista processuale l'attenzione si sposta, quindi, all'udienza di marzo in cui, nel caso la Corte dovesse respingere le istanze delle difese, si entrerà nel vivo della drammatica vicenda. All'attenzione dei giudici finiranno anche le liste testi depositate dalle parti che chiedono di ascoltare in aula ex premier, ex ministri, e funzionari pubblici.
Tra i nomi anche quelli del presidente della Repubblica egiziana, Abdel Fattah al-Sisi, dell'ex premier Matteo Renzi e dell'ex ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. Davanti ai giudici della prima sezione potrebbero anche sfilare i tre capi dei servizi che si sono succeduti all'epoca dei fatti oltre a Marco Minniti, ex responsabile della autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. Nei confronti dei quattro imputati, il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamal e Uhsam Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Abdel Sharif, la Procura contesta, a seconda delle posizioni, il concorso in lesioni personali aggravate, omicidio aggravato e sequestro di persona aggravato. Al centro del procedimento anche le torture a cui è stato sottoposto Giulio per nove giorni prima dell'omicidio. "Essere catturato da ufficiali dei servizi segreti egiziani - hanno ricordato i legali di parte civile in aula - è già una innegabile violenza fisica e mentale. In quei 9 giorni Giulio non ha potuto parlare con la nostra ambasciata e men che meno con un avvocato: pensiamo che negare questa sofferenza sia discutibile".
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