(ANSA) - ROMA, 22 MAG - "La violazione da parte dell'imputato
ha finito per determinare un danno per Natale Hjorth atteso che
la norma è chiaramente tesa a tutelare la riservatezza e la
dignità della persona arrestata o altrimenti sottoposta a
restrizione della libertà personale, mirando, tra l'altro, ad
evitare la spettacolarizzazione delle operazioni di polizia''.
E' quanto afferma il tribunale di Roma nella motivazioni della
sentenza ha condannato ad un anno Silvio Pellegrini, il
carabiniere accusato di aver scattato la foto ad uno dei due
giovani americani in stato di fermo per l'omicidio del
vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, mentre era con una benda
sugli occhi in una caserma dell'Arma e averla poi diffusa in una
chat. Nei confronti dell'imputato l'accusa è di abuso d'ufficio
e rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio. Per il
difensore dell'imputato, l'avvocato Andrea Falcetta, nelle
"motivazioni non si tiene in alcun conto quanto da me rilevato
in ordine al doppio status del Carabiniere che per sua natura è
sia Ufficiale di pg che militare in quanto tale soggetto agli
specifici doveri del Regolamento di disciplina militare tra cui
il "dovere di iniziativa", tanto è vero che lo stesso
colonnello D'Aloia ha testimoniato che quella notte tutti i
Carabinieri erano di fatto "comandati", nessuno escluso. Sotto
questo profilo dunque le comunicazioni scambiate sia nella chat
che in molte altre chat anch'esse composte da Carabinieri e
Poliziotti avevano lo scopo preciso di verificare identificare
le zone di pertinenza delle singole etnie di spacciatori ed a
tal fine lo scambio di foto, video e tracce vocali rivestiva una
funzione essenziale. In tutto ciò non si deve dimenticare che è
stato proprio Pellegrini a individuare il luogo in cui si erano
nascosti i due fuggitivi (riconoscendo nei pressi una traccia
ematica) per cui dovrebbe essergli riconosciuto un dodicesimo
encomio (ne ha già 11) invece che una condanna. Attendiamo
fiduciosi, e confidiamo nella saggezza della Corte di Appello
che sarà chiamata a giudicare il nostro ricorso", conclude il
penalista. (ANSA).
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