Un grido di allarme si alza dai nidi e dalle scuole d'infanzia chiusi dall'avvio del lockdown per l'emergenza covid-19 e ormai a rischio sopravvivenza. Sabato terminerà la cassa integrazione in deroga per i dipendenti e a giugno, luglio e agosto non ci saranno quindi neppure gli ammortizzatori sociali: se resteranno ancora chiuse e non avranno aiuti le strutture private, per lo più imprenditoria femminile, arriveranno al fallimento prima di ogni ipotesi di riapertura per settembre.
In alcune regioni è stata concessa la riapertura dei centri estivi, come ad esempio in Liguria, dove una ordinanza regionale lo consente dal primo giugno, e anche se i nidi non sono propriamente centri estivi, qualcuno ha pensato di attrezzarsi, soprattutto le imprese dove gli educatori sono anche titolari.
"Non è possibile riaprire, i costi non lo permetterebbero", denuncia però Unitamente, soprattutto considerando che la capacità ricettiva delle strutture già piccole o piccolissime verrà dimezzata. In media i nidi privati spendono 7mila euro al mese in stipendi per i dipendenti e contributi, 2mila euro di canoni di locazione. "I nidi, le scuole dell'infanzia e i servizi educativi 0-6 privati sono stati incostituzionalmente dimenticati sin dall'inizio di questa emergenza - denuncia quindi Unitamente -. Sono una delle poche categorie che non può ad oggi tornare a svolgere il proprio lavoro". "Hanno snaturato l'identità dei servizi educativi 0-6 relegandoli a mero intrattenimento come centri estivi". In media sono privati, secondo le stime dell'associazione, metà dei nidi in Italia, ma in alcune aree si arriva ben oltre, come in Liguria dove i privati sono al 70%. (ANSA).